perché il semplice saperlo è un seme; se il terreno è pronto una verità che lo incontra vi si annida e inizia a germogliare

Nel nome del Signore, Dio d’Israel, sia Michael alla mia destra, Gabriel alla mia sinistra, dinanzi a me Uriel, dietro a me Raphael.

E sopra la mia testa la divina presenza di Dio. (preghiera ebraica)

giovedì 31 marzo 2011

Sitael, angelo 3, dei nati fra il 31 marzo e il 4 aprile

Sitel o Seytel, o Seyita’el, è il terzo Soffio e terzo raggio angelico nel Coro nettuniano degli Angeli Serafini guidato dall’Arcangelo Metatron; qui governa le gioiose energie di Giove. Il suo elemento è il Fuoco; ha domicilio Zodiacale dal 10° al 15° dell'Ariete ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 31 marzo e il 4 aprile.
I sei Angeli Custodi dell'Ariete, collettivamente, assicurano ai loro nati un'energia intensa e focosa, generoso entusiasmo e un acceso desiderio di rigenerazione.
Il nome di Seytel significa "Dio speranza di ogni creatura"
Il dono dispensato da Seytel è la COSTRUZIONE
Dice Haziel che Seytel emana all’indirizzo degli umani la sintesi della conoscenza sull’origine del mondo e concede rivelazioni riguardanti le Leggi che regolano l’Universo. Inoltre consente, da parte delle persone, l’esteriorizzazione di quegli elementi di “pianificazione cosmica” che essi sono riusciti a comprendere. Questo Angelo rappresenta e regola il potere di espansione conferendo il dono di far sfruttare ogni cosa. I suoi protetti possono essere portatori di idee “futuriste”: semplici, chiare, apportatrici di entusiasmo e di fiducia nell’avvenire; potranno diventare faclmente promotori di iniziative, che siano imprese od organizzazioni volte a realizzare un domani migliore. Saranno persone potenzialmente dotate di vero idealismo e, insieme, del senso pratico necessario a concretizzare i loro sogni. L'influenza di Seytel dona grande altruismo e generosità verso il prossimo, grande amore per la verità in ogni sua forma e in ogni campo.
Seytel secondo Sibaldi
Come sempre l'analisi parte dai significati nascosti nella radice del nome (samekh-yod-teth), che in questo caso
dicono "io guardo da dietro lo scudo, dal muro della fortezza". Dice Sibaldi che per chi crede nella reincarnazione in un modo ingenuo lo strano carattere dei Seyita’el può avere una sola spiegazione: devono essere anime rimaste legate a una loro qualche vita di soldati risalente ad almeno duecento, trecento anni fa, e nella nostra epoca si sentono a disagio. Avrebbero bisogno di disciplina ferrea, di ordini precisi a cui obbedire immancabilmente, di capi autentici da ammirare, e soprattutto di battaglie, di onesti scontri, possibilmente all’arma bianca, in cui resti spazio soltanto per il valore personale: e ai giorni nostri non è facile trovare qualcosa del genere. Perciò sono spesso così cinici e chiusi in se stessi, delusi da tutto o quasi; ed è anche come se si crogiolassero nelle loro delusioni. Perciò possono detestare le autorità: perché le trovano troppo poco autorevoli! E soffrono acutamente quando qualche loro amico manca alla parola data (non si usava, ai tempi loro!). E in un modo o nell’altro finiscono sempre per trovarsi una professione o un hobby che abbia a che fare con il metallo: chirurghi, dentisti, parrucchieri, collezionisti d’armi, appassionati d’arti marziali… o con apparecchi che colgano un bersaglio: macchine fotografiche, microscopi, strumentazioni nucleari e via dicendo. Come se davvero dovessero esprimere, anche negli oggetti d’uso, una profonda nostalgia per la guerra. Oppure realizzano, nel lavoro, il connubio tra obbedienza e voglia di trovarsi in prima linea: e diventano politici al tempo stesso tradizionalisti e audaci (Bismarck, De Gasperi), o sindacalisti, o funzionari dell’ufficio reclami, o vigili, poliziotti, o sacerdoti. Ma i loro superiori facciano attenzione: un Seyita’el è sempre pronto a piantarli in asso sbattendo la porta, se noterà in loro troppe incertezze, o pigrizie, o un’eccessiva tendenza al compromesso. E magari prima di andarsene farà anche qualche memorabile scenata, con il tono magari del Seyita’el Emile Zola, quando scriveva J’accuse!
C’entri o no qualche loro antico karma militare, sta di fatto che i Seyita’el non sanno proprio rassegnarsi alle delicate mezze misure della normale vita civile. Alle mezze obbedienze preferiscono la totale anarchia, il disadattamento addirittura, o l’eroismo: Seyita’el, tra gli attori, sono Toshiro Mifune, con tutti i suoi ruoli di magnifico samurai sempre fuori dal coro; e altri tipici outsider, come il Marlon Brando di Fronte del porto, Bulli e pupe, Gli Ammutinati del Bounty; e Bette Davis, Eddie Murphy, il Gregory Peck di Moby Dick, lo Spencer Tracy di Capitani coraggiosi e de Il vecchio e il mare. Tra i letterati, Giacomo Casanova è un Seyita’el celeberrimo, con i suoi tanti talenti e le ancor più numerose tecniche d’assedio (di fortezze femminili, nel suo caso) eppure senza mai fissa dimora, come se gli fosse seccato mettere radici nel suo tempo. Mentre quando in loro prevale la tenerezza, o un barlume di speranza di felicità, corrono fatalmente il rischio di assomigliare alla Sirenetta di Andersen – un Seyita’el anche lui – che sulla terraferma si sentiva talmente disadattata da morirne. Che fare? La maggior parte dei Seyita’el decide di elevare contro la vita quotidiana una barriera fatta di riserbo e di una discreta dose di bugie protettive. Si trincerano, tengono per sé soli le loro segrete nostalgie di un altrove più bello, e – come agenti segreti in missione – imparano a non dire nemmeno una parola che lasci intuire i loro stati d’animo. Altri si ribellano e cercano di produrre loro stessi quel che non trovano intorno: vogliono diventare capi, almeno in una cerchia ristretta (nella famiglia, per esempio, o in ufficio) per imporre lì i loro valori. Ma i risultati sono quasi sempre scoraggianti: Bismarck vi riuscì come cancelliere di Prussia, perché aveva sopra di sé il Kaiser, e dalla sua le tradizioni e le aspirazioni di un intero popolo storicamente nostalgico, ma i Seyita’el che tentano di diventare leader fai-da-te reggono difficilmente alla tensione, reagiscono malissimo a qualsiasi critica, non hanno la pazienza di indagare i sentimenti altrui, di chiedere ascolto, di adattarsi alle necessità e ai limiti di chi dovrebbe obbedirli. Una linea di condotta molto più saggia e produttiva consisterebbe nell’andare semplicemente fieri della propria diversità: nel guardare più attentamente quel mondo contemporaneo a cui si sentono estranei, e nel dire ciò che vi vedono, mettendo a disposizione di tutti il loro punto di vista così originale. Ogni gruppo umano, piccolo o grande, ha talmente bisogno di punti di vista differenti da quelli soliti! Un Seyita’el è nato apposta per criticare, per scalfire certezze collettive, per richiamare arditamente l’attenzione su valori fondamentali che si sono persi con il tempo: se avrà il coraggio e la generosità di farlo, qualunque sia la sua posizione nella società attuale, non potrà che essere utile a molti, e ne avrà in cambio la loro stima.
Qualità di Seytel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Seyel sono grande fedeltà alla parola data, spirito di servizio e gentilezza, forte tendenza all'altruismo e alla magnanimità nei confronti del prossimo.
L'Angelo dell'Abisso a lui contrario si chiama Kimrah e rappresenta l’avidità e gli eccessi, istiga l'uomo alla menzogna, all’ingratitudine e all'ipocrisia.
Meditazione associata al Nome: fare miracoli
La meditazione associata a Sytael si chiama "fare miracoli". Secondo la Kabbalah prima che l'immensa forza di questo Nome sia liberata è necessario giungere a un determinato livello di comprensione: perché la semplice nozione di un fatto non rappresenta di per sè un potere. Il potere si acquisisce con un sapere più ampio e preofondo: conoscenza e saggezza sono potere. Un miracoloso cambiamento nel nostro carattere può condurre a un'energia capace di produrre cambiamenti tali, nella nostra vita, da essere veri e propri 'miracoli'. • Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: per il potere di questo Nome mi libero dall'egoismo, dell'invidia, della paura e dell'autocommiserazione. Rifiutando queste tentazioni parassitarie il potere del Nome mi pervade e attiva la mia capacità di cambiamento.
Esortazione angelica
Sytael esorta a riconoscere nei propri nemici i difetti di cui noi stessi ci dobbiamo liberare e a condividere con il mondo le verità positive che abbiamo raggiunto.
Giorni e orari di Sytael
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Sytael è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 11 gennaio, 23 marzo, 5 giugno, 19 agosto, 31 ottobre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 00.40 alle 1.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Sytael è il versetto «Refugium meum et fortitudo mea, Deus meus, sperabo in eum» (di’ al Signore: Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido- Sal. 90,2). Il salmo 90, da cui è tratta questa preghiera, è tradizionalmente un salmo di protezione; recitarlo mette al riparo dalle situazioni di pericolo; Fra i doni che concede Seytal, infatti, c’è la specifica protezione da ogni forma di negatività e di attacco fisico o psichico.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice samekh-yod-teth del Nome risponde alla configurazione: il Diavolo - la Ruota - l'Eremita.
Da qui la riflessione che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede il Diavolo (le forze dell'inconscio, passione, creatività): a chi sono legato? qual è la mia tentazione? qual è la mia capacità creativa? quali sono i miei valori negativi, e quali le pulsioni che ho a mia disposizione? Chiede la Ruota (principio, metà o fine di un ciclo): che cosa deve cambiare,  quale ciclo si è concluso nella mia vita? quali sono le mie opportunità?  che cosa mi aiuta? che cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi impedisce di andare avanti? Chiede l'Eremita (crisi, transito, saggezza): che cosa dice la mia saggezza? da cosa mi sto allontanando? in che cosa sono in crisi? a cosa devo rinunciare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 31 marzo al 4 aprile. L'angelo Sytael appartiene al Coro degli Angeli Serafini guidato dall' Arcangelo Metatron. Questa decade in particolare (31 marzo-9 aprile) e il segno dell'Ariete nel suo complesso cadono entrambi sotto il severo 'influsso dell'Arcangelo Kamael.
Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Sytael. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Vncenzo Caruso e Giuliano Guiazzelli, carabinieri; Calogero cabngelosi, sindacalista.

sabato 26 marzo 2011

Jeliel, angelo 2, dei nati fra il 26 e il 30 marzo

Jeliel, o Yeliyel, o Yeliy’el, è il secondo Soffio e secondo raggio angelico nel Coro nettuniano degli Angeli Serafini guidato dall’Arcangelo Metatron, nel quale governa le energie di Urano. Il suo elemento è il Fuoco; ha domicilio Zodiacale dallo 5° al 10° dell'Ariete ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 26 e il 30 marzo.
I sei Angeli Custodi dell'Ariete, collettivamente, assicurano ai loro nati un'energia intensa e focosa, generoso entusiasmo e un acceso desiderio di rigenerazione.
Il nome di Jeliel significa "Dio caritatevole"

Il dono dispensato da Jeliel è l'AMORE
Questo Angelo rappresenta e concede il potere di concretizzare e consolidare qualunque realtà: accorda la solidità, la tranquillità, la fecondità (vegetale, animale, umana, lavorativa), la fedeltà del coniuge, obbedienza e lealtà da parte dei figli e dei sottoposti. Fa vincere i processi e annulla i litigi, le dispute, separazioni e divorzi. Assicura il successo in attività di costruzione e produttive. Aiuta anche a far carriera nelle amministrazioni, nella diplomazia e nelle forze dell'ordine. Dice Haziel che Jeliel rivela i misteri connessi alle realizzazioni materiali, a tutto ciò che si concreta in termini tangibili. Invocandolo la persona otterrà eccezionali intuizioni (...), avrà la possibilità di conoscere le virtù delle piante, le peculiarità dei minerali, e di presentirne la filiazione cosmica (e i suoi presentimenti si riveleranno esatti). Le sarà dato di saper scegliere il materiale più idoneo a questa o quella costruzione (...). L'influenza di questo Angelo permette di costruire il mondo terreno in conformità alle regole dei mondi superiori. La persona sa (o è in grado di apprendere, attraverso la preghiera rivolta a Jeliel) ciò che è opportuno fare o 'che è maturo': pronto, cioè, a pervenire allo stadio delle realizzazioni pratiche. Di qui la sua possibilità di bussare alla porta giusta: quella, appunto, che si trova in attesa di essere varcata. Per tale motivo l'elevazione spirituale, così come l'ascesa sociale, per i suoi protetti potranno essere molto rapide.
Jeliel secondo Sibaldi
Dice Sibaldi che tra i molti significati del Nome di quest’Angelo ci sono «io mi elevo tra coloro che vedono» e anche «io mi faccio udire [in ebraico yel] nell’assemblea riunita [liyi]». Questo attiene al compito che gli Yeliy’el si sono dati nel venire al mondo, cioè essere il capo, in tutti sensi. A cominciare addirittura dal proprio corpo: gli Yeliy’el, in sé e per sé, sono soprattutto la propria testa, si identificano cioè con la propria intelligenza e considerano perciò le emozioni, gli istinti e i sentimenti, se non proprio come inevitabili inconvenienti, perlomeno come un insieme di fattori ai quali imporre dall’alto una ferrea guida. Troviamo così, tra i filosofi Yeliy’el, Cartesio, con il suo yelielianissimo motto «Cogito ergo sum», per cui l’essere e il pensare divengono, appunto, tutt’uno. In secondo luogo, gli Yeliy’el sono capi nei loro rapporti con gli altri, nell’accezione più tradizionale del termine: troppo razionali, metodici, cauti, lucidi, logici, perché coloro che li circondano non capiscano quanto sia utile poter contare su uno Yeliy’el, su una testa pensante che sappia parlare chiarissimo e illuminare in ogni circostanza ciò che non tutte le altre teste sanno vedere. E come potrebbero, gli altri, non riconoscere autorità a un individuo simile? Diverrà leader, e non per ambizione (l’ambizione è una smania emotiva, e gli Yeliy’el non se ne lasciano certo dominare) ma perché semplicemente è giusto e ragionevole che sia così. Non per nulla, in letteratura fu Yeliy’el Paul Verlaine, acclamato «principe dei poeti» della sua epoca, che gioiva nell’elencare anche in versi le norme che a suo parere andavano ragionevolmente rispettate per scrivere come si deve. In terzo luogo, infine, l’intelligenza degli Yeliy’el non potrà che guardare dall’alto in basso i modi in cui vive l’altra gente, più o meno smarrita sempre nelle foschie emotivo-sentimental-istintuali. Inutile nascondere l’evidenza: se l’umanità si divide nettamente in esseri superiori e in esseri inferiori, ogni Yeliy’el sa perfettamente, e senza la benché minima vanità, di essere tra i primi; dovrà dunque comportarsi di conseguenza. La sua casa, le sue abitudini, le sue aspirazioni, i suoi gusti dovranno avere qualcosa di particolare o essere più raffinati di quelli della maggioranza: tutto ciò che è suo avrà tratti di esclusività, dal linguaggio, agli abiti, alle tendenze sessuali. E solo ottemperando a queste sue esigenze da ruling class si sentirà perfettamente realizzato. Un illustre, grande esempio di tale finezza lo diede la Yeliy’el santa Teresa d’Avila, che per decenni analizzò con razionalità estrema nientemeno che il processo e i massimi gradi del più aristocratico dei piaceri, l’estasi – con la dovuta attenzione anche per le sue implicazioni erotiche, naturalmente preziosissime ed estremamente originali. Nella vita quotidiana potranno essere mistici, filosofi, poeti, come ritrovarsi a loro agio nell’insegnamento (meglio se negli ordini di scuola superiori); oppure saranno perfetti ai vertici di qualche organizzazione o azienda (meglio se connesse con la tecnologia o la cultura). Sono presidenti, certo, più che manager; o anche pianificatori, architetti e ingegneri; oppure, se personalità particolarmente estroverse e disinvolte, potranno eccellere in qualche movimento popolare o nella gerarchia religiosa, sospinti in alto dall’ammirazione e dalla fiducia dei più.
Ma negli Yeliy’el il primato della testa può anche implicare aspetti burrascosi. A forza di ricondurre tutto alla sfera dell’intelligenza, avviene infatti che il loro animo, e soprattutto il corpo, possano avvertire una nostalgia, anche angosciosa talvolta, delle emozioni forti. Buona parte degli Yeliy’el sanno tenersi saldi al di qua di queste ultime, ben arroccati nel proprio realismo, da un lato, e anche nel timore del ridicolo, dall’altro. Ma quelli che non resistono alla tentazione si cercano passatempi spericolati (dall’alpinismo estremo ai rally nel deserto), oppure esplorano qualche perversione, oppure, nel peggiore dei casi, dopo essersi troppo a lungo limitati, precipitano in qualche tempestosa zona d’ombra da cui si sentono attratti come da un vortice. Fu per esempio il caso del celebre scrittore russo Nikolaj Gogol’, che in una crisi mistica si abbandonò all’anoressia e ne morì; o di Van Gogh, che prima di suicidarsi compì un disperato gesto yelieliano di ingiuria al corpo e al tempo stesso duello tra la sofferenza fisica e la mente che la contempla gelida, feroce, mentre se la infligge. E non si conosce la data esatta di nascita di quel padre della Chiesa, Origene, celebre oratore alessandrino, che attorno al 330 si evirò perché l’istinto non turbasse più la sua saggezza: ma sarei pronto a scommettere che venne al mondo anche lui verso la fine di marzo. È buona regola, per gli Yeliy’el, saper compensare il predominio della razionalità prima che si profili il rischio di simili eccessi. Più saggio fu, tra questi nati, Goya, che seppe rendere omaggio ai demoni che, diceva, «si destano non appena la ragione prende sonno»; li affrontò, li studiò, li raffigurò nei dettagli, esplorando le ombre della propria personalità come si esplora una miniera: la sua lucidità ne usciva, ogni volta, ritemprata, riequilibrata, e sempre più coraggiosa. Gli Yeliy’el sono disperatamente «mentali» – come tutti i Serafini – ma che piacere ascoltarli; sanno dare grandi lezioni di intelligenza con i loro cuori enormemente lontani dalla mente, la cui mente può dispiegare tutta la propria lucidità senza interferenze sentimentali. Ricordando però che ogni energia angelica, se ignorata (o abusata!) presenta anche specifici rischi, da cui l’angelologo mette in guardia spiegando sia come non sprecare forze nel tentativo di raggiungere obiettivi che non ci competono, sia come imparare a riprender fiato, una volta che ci si sia messi in marcia verso gli obiettivi appropriati. Nel caso di Yeliy’el la questione è particolarmente delicata: ai suoi intelligentissimi protetti va consigliato di essereabbastanza intelligenti da permettersi, ogni tanto, anche di fare un po’ gli stupidi, per riscoprire la dimensione del cuore – che in loro è poco sviluppata e perciò ingenua, indifesa, goffa. Il cuore, l’istinto è, in loro, ciò che gli junghiani chiamano «l’ombra»: gli aspetti trascurati, negati, repressi della personalità, i quali, se restano troppo dalla vita quotidiana, possono facilmente rivoltarsi e combinare brutti scherzi. Jung spiegava che nell’«ombra» ciascuno ha il proprio diavolo, il proprio avversario personale; ma anche che l’unico modo per renderlo inoffensivo è portarlo alla luce e venire a patti con esso. Gli Yeliy’el sono fin troppo bravi nel tenere tutto sotto controllo: il loro «diavolo» è il disordine, che può irrompere nella loro vita, tutt’a un tratto, sotto forma di improvvise, disastrose inavvertenze. Sono proprio gli Yeliy’el troppo ferrei nel guidare fermamente la loro passionalità, ad esempio, che rischiano che il loro «diavolo» li spinga a innamorarsi, a un certo punto, della persona più sbagliata, determinando così un periodo orrendo della loro vita. Imparino dunque a considerare e a usare le loro doti cum grano salis, il che nel loro caso significa con un pizzico di follia e di candore, almeno tre volte a settimana. Ci vuole coraggio, senza dubbio. Diceva Tolstoj che le persone sagge devono addestrarsi al «coraggio della stupidità»: (...) ricordatevelo, protetti di Yeliy’el; lì è il segreto della vostra grandezza, oltre che della vostra armonia interiore.
Qualità di Jeliel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Jeliel sono sono amore universale, amore per i bambini e per il prossimo, bontà
d'animo, carattere socievole, aperto e leale; fedeltà, modi affidabili e gentili, senso positivo della gerarchia, rispetto, verità. Dona pace, gioia di vivere, prontezza di spirito e vivacità di pensiero, idee utili e concrete, capacità di seduzione, forte carica erotica, facoltà di amare ed essere amati. Concede ascendente sui potenti, obbedienza, attitudine a tutte le cose che riguardano l'ordine e la giustizia; influenza sulla riproduzione di tutto quello che esiste nel regno animale.
L'Angelo dell'Abisso a lui contrario si chiama Aratak e rappresenta l'indifferenza. Domina su tutto ciò che può nuocere agli esseri animati, induce gli individui alla noncuranza verso i loro partner, provoca divisione nelle coppie trascinandole a venir meno alla lealtà reciproca. Causa eccessi di orgoglio, grettezza, narcisismo, infedeltà, egoismo, aridità, avarizia; perdurare del celibato e solitudine, licenziosità.
Meditazione associata al Nome
La meditazione associata a Jeliel si chiama "ritrovare le scintille". Secondo la Kabbalah, infatti, la vibrazione di queste lettere consente di ritrovare scintille di Luce spirituale e revitalizzare le nostre energie quando ci sentiamo bloccati e percepiamo che la nostra vitalità si sta esaurendo. Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: per il potere di questo Nome, frammenti di Luce vengono sottratti alle entità distruttive che dimorano in me. La loro forza viene interrotta e l'energia divina torna a colmarmi. La vita torna a splendere con crescente intensità mentre, giorno dopo giorno, miliardi di scintille fanno ritorno alla mia anima, che è la loro vera sorgente.

Esortazione angelica
Jeliel esorta a invocarlo per ottenere guida a trovare dentro di sè la chiarezza di visione e risorse per il proprio lavoro.
Giorni e orari di Jeliel
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Jeliel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 10 gennaio, 22 marzo, 4 giugno, 18 agosto, 30 ottobre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 00.20 alle 00.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Jeliel è il versetto "Tu autem, Domine, ne elongaveris, fortitudo mea: ad adiuvandum me festina" (Sal. 22,20 - Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza: accorri presto in mio aiuto).

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice (Yod Lamed Yod) del Nome risponde alla configurazione: "La Ruota - l'Appeso - la Ruota"
Da qui la riflessione che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? quali sono le mie opportunità? cosa mi aiuta? cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi blocca? Chiede l'Appeso (sosta, meditazione, dono di se stessi) che cosa devo sacrificare? che cosa devo dare di me stesso? cosa devo fermare? cosa devo ascoltare? verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? Chiede ancora la Ruota: che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? quali sono le mie opportunità? cosa mi aiuta? cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi blocca?
L'opportunità sottintesa da questa combinazione è l'occasione di un profondo mutamento che, attingendo dal nostro inconscio, può produrre la rapida nascita di un uomo nuovo, in perfetta e consapevole armonia con le leggi universali.
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 26 e il 30 marzo. L'angelo Jeliel appartiene al Coro degli Angeli Serafini guidato dall' Arcangelo Metatron. Questa decade in particolare (21-30 marzo) e il segno dell'Ariete nel suo complesso cadono entrambi sotto il severo 'influsso dell'Arcangelo Kamael.
Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Jeliel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Gaetano Amoroso, attivista politico; Vito Stassi, segretario Camera del Lavoro; Enrico Pedenovi, consigliere provinciale; Pio La Torre, politico.

lunedì 21 marzo 2011

Vehuiah, angelo 1, dei nati fra il 21 e il 25 marzo


Vehuiah, o Wehewuyah, o Whwyh, è il primo Soffio, primo raggio angelico nel Coro nettuniano degli Angeli Serafini guidato dall’Arcangelo Metatron, nel quale governa le energie di Urano.
Il suo elemento è il Fuoco; ha domicilio Zodiacale dallo 0° al 5° dell'Ariete ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 21 e il 25 marzo.
I sei Angeli Custodi dell'Ariete, collettivamente, assicurano ai loro nati un'energia intensa e focosa, generoso entusiasmo e un acceso desiderio di rigenerazione.
Il nome di Vehuiah significa "Dio innalza al di sopra di tutte le cose"
Il dono dispensato da Vehuiah è la VOLONTA'
E’ questo il primo nome di Dio, la potenza da cui deriva l’angelo più luminoso. Con la sua desinenza "iah" questo Nome contiene tutte le lettere (Yod He Vav He) del tetragramma sacro YHVH, che i Cristiani hanno reso pronunciabile nella forma Yahvé ou Jéhovah.
Si tratta cioè del Nome divino: quello che, poiché secondo gli Ebrei non deve essere mai pronunciato, è citato nei salmi come Adonaï. Dalla sua radice VHV (vav - hey - vav, o waw - he - waw) discende "Vehu", che nella Kabbalah cristiana diventa Vehuiah. Dalla radice di questo Nome deriva una sorta di mantra che ripetuto incessantemente conduce ad attingere lo stato di coscienza del vero Sè.
Veuhiah rappresenta e amministra il potere dell’Amore e della Saggezza, capace di condurre l'uomo all'illuminazione da parte dello Spirito di Dio.
Si può anche dire che sia l'angelo dei leader: degli imprenditori e, per estensione, delle persone di successo. Dona infatti carisma e grandi capacità, insegna a osare (a intraprendere, appunto), aiutando ad eccellere nella propria specialità e a sviluppare influenza sulle cose e sulle persone. Per la struttura del proprio nome Vehuiah è l'angelo del dinamismo che, dall'interiorità, ispira anche un'agire condotto con coscienza e determinazione, che può attingere "la dimensione sacra di cambiare la realtà attraverso l'azione spirituale".
Vehuiah secondo Sibaldi
Dice Sibaldi che i nati sotto la protezione di Vehuiah somigliano a giganti che abbiano deciso di abitare tra gli uomini per romanticismo, adattandosi a un mondo in cui tutto è, per loro, troppo piccolo e, qua e là, anche troppo complicato. Le due waw, nel Nome, raffigurano appunto gli intralci, le limitazioni che la loro vasta energia incontra ovunque; mentre la he rappresenta la loro anima, che sarebbe tanto felice di superare quelle limitazioni trasformandole nel contrario: in brillanti vittorie, in trionfali fatiche d’Ercole (...) un Wehewuyah non mette all’opera le sue numerosissime qualità se non quando gli si profila la possibilità di riuscire in qualche impresa particolarmente difficile, di fronte alla quale gli altri arretrerebbero... è solo in questi casi che una personalità Veuhiah si esprime veramente, divenendo quel gigante che è, e si convince di non vivere invano. Viceversa, non è raro il caso che qualcuno di questi giganti resti fermo, bloccato da quelle due waw in qualche periodo della vita; e ciò può avvenire per due ragioni: o perché, semplicemente, non vede attorno a sé nessuna occasione abbastanza ambiziosa, oppure perché qualcuno vuol mettere in dubbio la sua superiorità. Sempre secondo Sibaldi ogni Wehewuyah detesta la concorrenza: sente, sa di essere il più grande in ogni senso, e non può ammettere rivali. Perciò si trovano così pochi atleti, in questi giorni di marzo; e per la stessa ragione i Wehewuyah si trovano talmente a disagio negli uffici e nei lavori di squadra (...); svettano invece là dove possono sentirsi protagonisti assoluti e isolati (...). Tanto più essenziale sarà dunque, per loro, una massiccia fiducia in se stessi e soprattutto nella propria vocazione (...). Se invece dovessero lasciarsi scoraggiare, li attende un senso di solitudine e di frustrazione tanto gigantesco quanto i risultati che avrebbero potuto ottenere. Ma, così come le grandi potenzialità offerte da questo angelo, anche i suoi rischi sono descritti nel suo nome: Tra le ventidue lettere dell’alfabeto sacro, la waw è indubbiamente la più sgradevole (...) È il geroglifico dell’ostacolo, del limite, del nodo che si è stretto e che deve essere sciolto: è la rete che accalappia, il blocco, la paralisi. È il modo in cui gli antichi ebrei scrivevano il numero 6, e i tre 6, il famigerato numero della bestia di cui parla l’Apocalisse, non era costituito da quelle tre cifre, ma da tre waw: e significava, come geroglifico, «io ti blocco, io ti blocco, ti blocco!». Un potente incantesimo. Eppure c’è un Angelo che ha ben due waw nel suo Nome (e non è l’unico). Non solo, ma c’è una waw nel Nome stesso del Dio Signore, YHWH. Vi è qui un tratto assai interessante, e non adeguatamente divulgato, della religione sia ebraica che cristiana: il riconoscimento di una cittadinanza al Nemico, al Male. Nel Robinson Crusoe, l'ingenuo Venerdì domanda a Robinson: «Ma perché il tuo Dio non ha ucciso il diavolo, se era nemico suo e degli uomini?» (...) questa storia risale ai tempi degli Egizi, nella cui religione il Dio ostile, Seth, non veniva distrutto da Horo, che pure l’aveva sconfitto, perché occorre che l’anima umana (e possibilmente anche la mente) sappia e comprenda bene che il Male esiste. (...). Non porta niente di buono pensare che il Male sia soltanto l’assenza o l’ignoranza del Bene – e che dunque non abbia un’esistenza sua propria. E' bene rendersi conto che c’è, in ognuno, un aspetto malvagio, dannoso, frenante, una waw che ti blocca e vuol produrre guai. Solo se hai il CORAGGIO di saperlo – e di guardare bene i tuoi errori, e limiti, e difetti ed elementi oscuri – puoi sperare di superarli; solo se non ti permetti mai di pensare di essere tutto nella luce, puoi trovare in te la dialettica e una possibilità di futuro. (...) questo angelo pone nel suo Nome le due waw come ostacolo indispensabile alla vera crescita, al trionfo. Ma l'ostacolo va superato: quando non riescono a sfruttare appieno le potenzialità offerte dal loro angelo, questi nati tendono a incappare, presto o tardi, in una serie di problemi caratteristici, che si potrebbero descrivere come una vera e propria sindrome: da un lato indulgono a un egocentrismo senza autoironia, dall’altro, cadono preda di una vera ansia di non farcela o di perdere le posizioni di eccellenza conquistate, il che li induce a diventare dispotici, estremamente suscettibili, ostili a chiunque potrebbe rubar loro la scena. In realtà si nasconde qui, molto in profondità, la loro vecchia voglia di superare i propri limiti: eppure anche il successo può apparire loro come un ruolo troppo stretto, da cui il loro cuore di titani avrebbe il segretissimo impulso di liberarsi… Ma per cercare che cos'altro, quando sul piano materiale avrebbero già tutto? Secondo Sibaldi dietro tutto ciò si cela un conflitto interiore di cui, essi per primi, han paura di scoprire la vera origine, qualcosa che può renderli assai infelici e diventare il loro peggior nemico se – come spesso accade – provano a difendersene ignorandolo. Cominciano allora a temere qualsiasi tipo di introspezione, non colgono più i segnali di insofferenza che provengono da loro stessi o da coloro con cui vivono e lavorano (...). Infine, nella vita privata è inevitabile che i Wehewuyah abbiano la sensazione di trattenersi, di limitarsi, di costringersi a rilassarsi – e ciò li innervosisce e li stanca enormemente, a volte (...) fino a renderli insopportabili. In conclusione, l'incapacità delle personalità Vehuiah di reagire alle ferite comprendendo e sfruttando fino in fondo la propria energia, l'errore di subire da un lato ed esacerbare l'aggressività dall'altro, tutto ciò può causare abbandoni o tradimenti, ma tutti i Veuhiah che sanno appellarsi alle loro migliori qualità prendono la ferita che ne deriva come un’altra waw da superare, riconquistando ciò e chi hanno rischiato di perdere. Resta il fatto che ne soffrono molto e profondamente. Per prevenire tutti questi mali l'angelo di questi nati li esorta all'autostima, a non credere (loro per primi) a chi li denigra, ma nello stesso tempo a essere indulgenti a loro volta con chi li circonda: cioè a concedere maggiore fiducia a se stessi ma anche agli altri. Il tutto tenendo nella dovuta considerazione la loro robusta carica aggressiva che, se può tornare utile nelle fatiche per ottenere il successo, difficilmente riesce a trovare un’adeguata applicazione nei rapporti con il coniuge, i figli, gli amici, i compagni di lavoro. Per rimediare a questo problema tutti i Veuhiah sanno quanto giova loro dare il massimo nel lavoro e dedicarsi a sport impegnativi: sono gli unici che, dopo otto ore di tensione e altre due di kickboxing o di wushu, invece che sfiniti rientrano a casa lucidi, equilibrati e in pace con il mondo. E allora sono davvero irresistibili.. perché davvero diventano "l'innamorato che contiene la saggezza".
Qualità di Vehuiah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Vehuiah sono coraggio, valore,
energia intensa, impulso a intraprendere saggiamente, forza di volontà e decisione; la facoltà di creare e sviluppare le cose più difficili. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Sémiaza e rappresenta la confusione e l'indeterminazione; cavalca l’improntitudine e la collera, rende gli uomini turbolenti; instilla irascibilità, sfiducia e intolleranza verso gli altri, la tendenza a lasciarsi prendere dai propri impulsi. Veuhiah contrasta dunque l'ira, la mancanza di riflessione
prima dell’azione, la violenza, e le conseguenze che ne derivano.
Meditazione associata al Nome
La meditazione associata a Vehuiah si chiama "viaggio nel tempo". Secondo la Kabbalah, infatti, questo Nome fornisce lo strumento meditativo più efficace a chi vuole annullare i mali causati nel passato al fine di cancellare i loro effetti negativi sia dalla propria vita sia da quella degli altri.
Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: per il potere di questo Nome accetto la verità spirituale che ci avverte che i problemi che incontriamo nella vita sono dovuti a nostre azioni passate. Risveglio nel mio cuore il rimorso per le precedenti azioni che hanno causato dolore. Concentrandomi su questo Nome sradico da ora i semi negativi precedentemente piantati e nel farlo trasformo ciò che è stato, rinnovo il mio presente e creo un futuro di appagamento e di gioia.

Esortazione angelica
Vehuiah esorta a comprendere a cosa servono la sofferenza e l'amore, la preghiera e la gioia, l'insuccesso e il successo; a tendere alla Luce per comprendere il mistero del Mondo.
Giorni e orari di Vehuiah
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Vehuiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 9 gennaio, 21 marzo, 3 giugno, 17 agosto, 29 ottobre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 24.00 alle 24.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Vehuiah è il versetto 4° del Salmo 3: Tu autem, Domine, protector meus es, gloria mea, et exaltans caput meum (Sal.3,4 - Ma sei tu, Signore, la mia difesa, tu mi concedi gloria e sollevi il mio capo).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra.
In questo caso la radice (waw, hé, waw) del Nome risponde alla configurazione: "l'Innamorato - il Papa - l'Innamorato"
Da qui la riflessione che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede l'innamorato (l'unione, la vita emozionale; l'androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni mi trovo coinvolto? che scelte devo operare? chiede il Papa (meditore, ponte, ideale): cosa dice la Tradizione, la Legge? cosa comunico, e con quali mezzi? sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? ho un ideale? chiede ancora l'innamorato: in quali relazioni mi trovo coinvolto? che scelte devo operare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 21 e il 25 marzo. L'angelo Vehuiah appartiene al Coro degli Angeli Serafini guidato dall' Arcangelo Metatron. Questa decade in particolare (21-30 marzo) e il segno dell'Ariete nel suo complesso cadono entrambi sotto il severo 'influsso dell'Arcangelo Kamael.
Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Vehuiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Claudio Graziosi, poliziotto, e Carmelo Battaglia, sindacalista.

giovedì 17 marzo 2011

Mumiah, angelo 72, dei nati fra il 16 e il 20 marzo


Mumiah, o Mumiyah, o Muwmiyah, è il 72esimo e ultimo Soffio, ottavo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa proprio le energie della Luna. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 25° al 30° dei Pesci ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 16 e il 20 marzo.
I sei Angeli Custodi dei Pesci, collettivamente, fanno dei loro protetti creature di speciale sensibilità: grandi sognatori, ma non privi di senso della realtà, sono amabili, emotivi, ispirati, generosi, servizievoli e, quando sono realizzati, sanno sempre collaborare istintivamente, con ogni azione quotidiana, all'Opera Divina.
Il nome di Mumiah significa "Dio fine di tutte le cose" o "l'Omega, Dio che designa la fine di tutte le cose"

Il dono dispensato da Mumiah è la RINASCITA
Questo Angelo è il principale collaboratore dell’Arcangelo Gabriele, e per eccellenza il governatore delle energie della Luna - le forze inconscie che formano le immagini della nostra interiorità; egli è "l’Angelo più vicino agli Umani, colui che tramuta tutti i nostri sogni in realtà". In effetti Mumiah concede ai suoi protetti la grazia e il potere di portare a termine tutto ciò che hanno iniziato; con il suo aiuto, qualunque esperienza (spirituale, economica, sentimentale, professionale, intellettuale) andrà a buon fine, a causa del potere di cristallizzazione (pietrificazione) che le energie lunari producono ovunque si manifestino. I suoi protetti che gli si affidano potranno esprimere i loro valori con convinzione; tutte le loro attività raggiungeranno lo scopo. Potranno diventare celebri (nel loro entourage o anche in ambienti più vasti) per l'abilità o l’intensità con la quale esprimeranno idee, convinzioni, sentimenti, pensieri... La loro azione non si manifesta nel segreto: l’aiuto di questo Angelo è efficace, ma mai moderato, proprio a causa della sua potenza; e raggungerà la massima espressione nelle azioni legate alla comunicazione. Ancora, dice Haziel, egli è anche un agente di "programmazione" della nostra vita quotidiana: ma, come sappiamo, registrare un Programma in esterni è cosa ben diversa dalla registrazione in studio: da parte sua Mumiah registra in studio, e nelle migliori condizioni; si tratta ovviamente di uno studio situato dentro di noi. Quali Programmi registrerà? Quelli che noi stessi proporremo, i Programmi di attività (...) proposti dalla nostra stessa Volontà, a patto che questi siano coerenti (tale essendo la sola, l’unica condizione). In altre parole, se i nostri propositi saranno in assonanza con il compito evolutivo assegnatoci, tali programmi daranno loro attuazione proiettando sullo schermo della vita reale le rispettive situazioni concrete, con tanto di personaggi in carne e ossa, successi e conseguimenti morali e materiali.
Mumiah secondo Sibaldi
Già il suono del nome evoca il concetto originario della "mummia", che non è quello di un corpo fasciato (come noi usiamo intendere questa parola): come precisa Sibaldi, in ebraico Muwmiyah significa un 'involucro magico intorno all’estrema sagoma di un uomo'; mentre il significato celato nel geroglifico del Nome è "io avvolgo da ogni parte ogni mio interrogativo". E' questo, infatti, lo schema della particolarissima intelligenza che l’ultimo dei Settantadue Angeli dona ai suoi protetti: ciò che appare rinchiuso e immobilizzato sono le funzioni della mente razionale - il pensiero, la consapevolezza, il calcolo. Ciò che invece le avvolge da ogni parte, sono i poteri delle funzioni irrazionali, dell’intuizione, dell’ispirazione e di tutti gli altri slanci dello spirito che corrono troppo veloci perché la coscienza riesca a seguirne i processi.
Ne discende che, per sua natura, ogni Muwmiyah adopererebbe solo l'intuizione: la lentezza dei ragionamenti logici somiglia, ai suoi occhi, a una paralisi mortale; la necessità che le altre persone hanno tanto spesso, di spiegare, giustificare e documentare le proprie ipotesi e opinioni, è per lui una tortura. All’intelletto dei Muwmiyah piace balzare avanti e, subito dopo, più avanti ancora, accumulando in brevissimo tempo tanti lampi di scoperte, e in talmente tante direzioni, che anche se volessero non riuscirebbero, fermandosi, a riepilogarli tutti. Questi nati potrebbero perciò diventare magnifici scienziati e filosofi, se scienza e filosofia attuali non fossero quanto di più lontano esista dalla straordinaria velocità mumiana; e fin da bambini sarebbero considerati dei genî, se le nostre scuole sapessero incoraggiare la multiformità del loro ingegno. Invece, a questi superdotati tocca spesso la sorte degli incompresi, degli incomprensibili anzi, e, per la loro incapacità di adattarsi ai limitatissimi ritmi di apprendimento e di ragionamento dei loro contemporanei, rischiano di finire ai margini – e lì di perdersi invano negli splendidi panorami interiori di cui loro soltanto conoscono le mappe.
Invece devono assolutamente impegnarsi perché questo non accada. Loro compito è spalancare i confini della conoscenza; le loro energie naturali sono enormi; e in genere possono anche contare su una considerevole dose di fortuna; occorre soltanto che trovino le adeguate connessioni tra la loro predominante parte irrazionale e le esigenze della razionalità. È una ricerca che si annuncia lunga e paziente, certo: e a tal fine è bene che scelgano una professione che li costringa alla pazienza, per quanto all’inizio ciò possa risultare tormentoso. Tengano duro. Tra l’altro, la più intensa tra le loro energie è la Yod". Questa - rappresentata nel Nome del'angelo dalla lettera Yod: - è il raro potere terapeutico che va scoperto, indirizzato e utilizzato, che mette in mano a chi lo possiede potenzialità dirompenti: è un po' come la chiave di una potente Ferrari; agendo in modo inconsapevole si potranno mettere in moto forze distruttrici; se però si impara ad usarle, si arriva davvero lontano. Ci arriveremo, o (dopo aver investito qualcuno) ci schianteremo contro un muro? dipende... ci rendiamo conto della velocità, dell'impatto che può raggiungere? abbiamo la pazienza di imparare a guidare? Il libretto di istruzioni è nel messaggio che, in questa vita, ci manda il nostro particolare angelo, assegnandoci un preciso compito evolutivo. Riguardo alle vie di mezzo, le esistenze ordinarie sono luoghi troppo stretti da abitare per individui simili. Vedrebbero troppo chiaramente i lati in ombra della gente normale che vive e lavora accanto a loro: gli incubi, gli orrori anche, nascosti nei silenzi e nelle sfumature delle conversazioni quotidiane – come seppe fare il Muwmiyah Henrik Ibsen nei suoi drammi. E facilmente comincerebbero a sentirsene soffocati, e a odiare quel loro prossimo, come fece il Muwmiyah Adolf Eichmann che, a capo delle SS, sterminava ebrei: gente normale per lui insopportabile.
Un esempio estremo di quanto possa essere pericolosa una energia Yod male utilizzata. Certo è che, se mal indirizzata, questa energia porta a depressione o ad aggressività distruttiva; mentre, se ben utilizzata produce i migliori medici, i migliori "soccorritori" del prossimo, e anche i migliori comunicatori e uomini di spettacolo. Anche i Mumiah, dunque, si troveranno a loro agio in tutto ciò che riguardi la medicina oppure il palcoscenico, e dopo qualche anno di studi approfonditi potranno dar prova dei loro talenti quasi magici, come terapeuti geniali o come capolavori viventi. Rudolf Nureiev era un Muwmiyah, e più ancora Sergej Diaghilev, l’inventore dei Ballets Russes, che scoprì e lanciò Nijinskij, Stravinskij, Picasso, rivoluzionando tutt’a un tratto la danza, la scenografia, la musica del Novecento. Inoltre in Diaghilev (la cui preparazione era stata assai paziente: aveva solide basi di critico e storico dell’arte e della musica, ed era collezionista e imprenditore famoso) si espresse appieno quel tratto distintivo dei Muwmiyah, che consiste nel trasformare la loro onnivora curiosità in un’inesauribile fonte di idee: come se la loro intuizione fosse capace di disperdersi, sì, tra mille correnti, ma per trarne, da un lato, un’immagine a trecentosessanta gradi di ciò che alla gente potrà, nell’immediato futuro, piacere più d’ogni altra cosa e, dall’altro, un’esatta cartografia di tutti i luoghi in cui si trovano quei potenziali successi. Non per nulla tra i Muwmiyah si annoverano anche Ovidio (che si tramanda sia nato il 20 marzo), che nelle sue Metamorfosi ispezionò come un cercatore d’oro tutte le correnti della mitologia; e David Livingstone, che a metà Ottocento risaliva con successo i corsi dello Zambesi e del Niassa – e laggiù, da bravo Muwmiyah, si perse; e, per la caratteristica fortuna mumiana, venne recuperato sano e salvo dopo alcuni anni. I Muwmiyah possono avere grande successo anche nell’esplorare le scienze e la tecnologia, come fu per Rudolf Diesel, l’inventore dell’omonimo, rivoluzionario motore; o magari creando essi stessi territori di esplorazione, come Stéphane Mallarmé, che proprio con l’oscurità dei suoi versi appassionò la Francia colta della fin de siècle: «Ogni cosa sacra e che voglia rimanere tale si avvolge di mistero », scriveva in 'L’art pour tous', come se avesse appena esaminato il ritratto del suo Angelo.
E ancora: le religioni si trincerano al riparo di arcani rivelati al solo predestinato: e anche l’arte ha i suoi». Sulle labbra di chiunque altro, sarebbe stata una dichiarazione di fallimento della comunicazione: lui ne ottenne, miracolosamente, l’esatto contrario, convincendo il pubblico che la bellezza consistesse appunto in ciò che alla mente ordinaria non può non sfuggire. Da qui a divenire un maestro di verità rivelate, un profeta, un medium eccelso, il passo è breve: e anche queste sarebbero carriere perfette per i Muwmiyah ... Sempre che, naturalmente, abbiano l'accortezza di costruire prima un minimo di interfaccia tra i loro orizzonti sconfinati e le limitate visuali del loro prossimo.
Qualità di Mumiah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Mumiah sono capacità di mediare e comunicare, di andare fino in fondo ad ogni cosa con lungimiranza, perseveranza, coraggio; attitudine a guarire gli altri, alla cura e alla protezione dei poveri e dei miseri. Egli dona intensità sensoriale, longevità serena e salute, fortuna e ottimi conseguimenti in ogni sfera, in particolare se legata alla comunicazione, allo spettacolo o alla cura; domina le scienze della fisica, della chimica e della medicina, concedendo successo clamoroso nelle professioni correlate. La Tradizione dice inoltre che Mumiah "protegge nelle operazioni misteriose": assiste cioè tutti coloro che si dedicano con buoni intenti allo studio delle arti esoteriche. L'Angelo dell'Abisso a lui contrario si chiama Bahal e rappresenta la confusione fra il Male e il Bene. Porta la disperazione nei cuori degli uomini, ispirando tendenze suicide, negatività, pessimismo, "senso di insensatezza", totale abbandono; causa rinunce e suicidi.
Meditazione associata al Nome: ricreare il futuro in ogni istante
La meditazione associata a Mumiah si chiama "purificazione spirituale". Secondo la Kabbalah, infatti, la vibrazione di queste lettere consente di intuire la differenza fra il nostro vero Sè e l'ego che condiziona la nostra vita, aprendo la strada per il processo interiore che può condurre a una rinascita. A questo proposito Rabbi Berg dice che fra le strategie più potenti messe in atto dall'ego c'è il cinismo (...), una scappatoia fra le tante che consente di sottrarsi al duro lavoro della trasfomazione spirituale. Ci sono due modi di purificarsi: il dolore o la trasformazione spirituale proattiva. La via del dolore ferisce il corpo (la salute, il denaro, le relazioni); la via della trasformazione ferisce solo l'ego. Ma la malattia, la perdita ecomica, le preoccupazioni che danno i figli: tutto va considerato occasione di trasformazione spirituale.
Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: meditando su queste lettere posso toccare i tasti 'indietro e cancella' nella memoria dei miei errori spirituali. La mia vita attuale è purificata dalle colpe trascorse. Per questo Nome anche l'ambiente materiale in cui mi muovo è liberato da ogni cattiva energia e impurità spirituale.
Esortazione angelica
Mumiah esorta a ricordare che una vita si forma per gradi nei settori in cui agisce la volontà, nel Bene come nel Male; la chiave del futuro è nel presente e ricorrere all'energia angelica conduce al successo.
Giorni e orari di Mumiah
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Mumiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 8 gennaio, 20 marzo, 2 giugno, 16 agosto, 28 ottobre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 23.40 alle 24.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Mumiah è: Convertere, anima mea, in requiem tuam, quia Dominus benefecit tibi (Sal.116,7 - Ritorna, anima mia, alla tua pace, poiché ti ha beneficato il Signore).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, dunque la radice (mem-waw-mem) di questo Nome risponde alla configurazione: "La Morte - l'Innamorato - la Morte". Da qui la riflessione che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual'è la mia ira? cosa deve morire in me? cosa devo lasciar andare? chiede l'innamorato (l'androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni mi trovo coinvolto? che scelte devo operare? chiede ancora la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual'è la mia ira? cosa deve morire in me? cosa devo lasciar andare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 16 e il 20 marzo. L'angelo Mumiah appartiene al Coro degli Angeli Angeli guidato dall'Arcangelo Gabriele. Questa decade in particolare (11-20 marzo) e il segno dei Pesci nel suo complesso cadono entrambi sotto il potente influsso dell'Arcangelo Metatron.
Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Mumiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Davide Cesari, cittadino; Fausto Tinelli, studente; Marco Biagi, docente universitario; Carmine Pecorelli, giornalista.