perché il semplice saperlo è un seme; se il terreno è pronto una verità che lo incontra vi si annida e inizia a germogliare

Nel nome del Signore, Dio d’Israel, sia Michael alla mia destra, Gabriel alla mia sinistra, dinanzi a me Uriel, dietro a me Raphael.

E sopra la mia testa la divina presenza di Dio. (preghiera ebraica)

lunedì 28 novembre 2011

Daniel, angelo 50, dei nati dal 28 novembre al 2 dicembre

Daniel, o Daniy’el, è il 50esimo Soffio e il secondo raggio angelico nel Coro venusiano degli Angeli Principati, nel quale amministra le energie di Saturno. Il suo elemento è il Fuoco; ha domicilio Zodiacale dal 5° al 10° del Sagittario ed è l'Angelo Custode dei nati dal 28 novembre al 2 dicembre. I sei Angeli Custodi del Sagittario sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone leali, gentili, energiche e indipendenti, capaci di gestire il potere ma anche di essere generosi con i deboli gli oppressi; orgogliosi e impulsivi, questi nati sono anche pronti a dimenticare i torti. Secondo Sibaldi i 6 angeli del Sagittario hanno anche una caratteristica specifica: sono accomunati da qualità molto simili tra loro, il che non si riscontra nelle energie angeliche di nessun altro segno zodiacale: è semmai molto raro che due Angeli dello stesso segno si somiglino. Questi 6 
Principati, invece, sembrano essere una sorta di variazione sullo stesso tema esistenziale, che Sibaldi chiama "il Castello": quello che sembra rappresentato, fra 2 torri, nel pittogramma delle 3 lettere-radice del Nome di Vehuel (il primo dei Principati). E aggiunge che i Principati, appunto, 
sono gli Angeli della Bellezza: Dante, nel pieno rispetto della Qabbalah, li colloca nel terzo cielo del Paradiso, quello di Venere. La bellezza è quel qualcosa che si coglie nelle forme, ma che supera le forme stesse: e tutti i loro protetti sembrano appunto porsi, sul piano esistenziale, come "in alto" rispetto agli altri, in quanto cercano in se stessi una forma di identità più alta, più grande del semplice «io». Se per moltissimi che si accontentano di appartenere a un qualche «noi» (nazione, squadra, azienda, famiglia, religione, razza) l’«io» non è ancora nemmeno considerato, e per molti altri ancora l’«io» è un punto di arrivo (già riuscire a essere se stessi è una grande conquista), per i nati sotto questi angeli l’io è addirittura una porta (la Hé!), l’inizio di una via, oltre la quale sono impazienti di avventurarsi. Perciò il «noi» può annoiarli e opprimerli, così come fermarsi alla semplice accettazione e soddisfazione dell’«io». 
Il nome di Daniel significa “Segno di misericordia"
Il dono dispensato da Daniel è l'ELOQUENZA e la CAPACITA' DI PERSUASIONE.
Con questo dono non si intende la capacità di fare uso di parole altisonanti o di frasi ricercate ma, al contrario, la capacità di esprimersi con semplicità, sapendo toccare il cuore e le emozioni; un dono che aggiunge carisma a personalità forti.
Dice Haziel che questo angelo stimola l'amore per il comando. Per il suo potere la persona sarà portata a dirigere, fruirà di rango e funzioni elevati. Parrallelamente Daniel assicura la simpatia dei dirigenti. Di conseguenza i suoi protetti non faticheranno a trovare un impiego né ad accedere a posizioni di notevole responsabilità. Tutto ciò che la personalità Daniel saprà realizzare sarà caratterizzato da una bellezza straordinaria, clamorosa, rutilante. Qualora la sua professione sia l'architetto, progetterà stabili di cospicua bellezza, ricchi di dettagli singolari, che varranno a distinguerli collocandoli a un livello decisamente superiore a quello dell'edilizia utilitaria. In effetti i nati sotto questo angelo hanno grande finezza di comportamento, discernimento e senso della giustizia, e grazie alla loro eloquenza sono anche i migliori difensori possibili; si può dire che siano giudici o avvocati nati, anche se non esercitano queste professioni. Non per niente Daniel si prega soprattutto per questioni legali.
Ma sebbene venga indicato come l'angelo che "serve per ottenere la misericordia di Dio" e che "domina la giustizia, gli avvocati, i procuratori e tutti i magistrati", la sua funzione più importante è nella vita di tutti i giorni, e sta nell'ispirare in modo positivo chi, dovendo prendere una decisione importante, si sente in preda all'incertezza. Sul piano esistenziale Daniel conduce a distaccarsi dalla materia per percepire la verità nella sua essenza; ma affidarsi al suo aiuto porta anche i suoi protetti a sviluppare il dono, in loro innato, di uno spiccato sesto senso per gli affari. 
Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell'Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, daleth-nun-yod, la prima lettera Dalet (porta) proviene da: "Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro" (Esodo, 14, 19).  La Noun (pesce) viene da (Esodo, 14, 20): "venendosi a trovare fra l'accampamento degli Egiziani e quello di Israele"; mentre la Yod proviene da (Esodo 14, 21): "e l'Eterno, durante tutta la notte, ritirò (prosciugò) il mare con forte vento da Oriente". Il rebus formato da queste 3 lettere dà l'immagine dell'accesso al proprio Sè superiore. Daniel è considerato l'angelo che dispensa il potere d'azione della personalità (interpr. Muller-Baudat).
Daniel secondo Sibaldi
Sibaldi vede, nella radice daleth-nun-yod del Nome il concetto: "Io giudico ciò che si è manifestato". Perché Dn, in ebraico, è una radice che significa «giudicare», ma in base a un’idea di giustizia un po' diversa da quella corrente: noi riteniamo che sia già gran cosa riuscire a pesare e punire, o premiare, le azioni in base a certi principî che la maggioranza ritiene validi. Dn, invece, è il valutare le azioni in base alle loro conseguenze: la lettera daleth indica, in geroglifico, «la capacità di separare, di distinguere», e la nun «i risultati dell’agire ». Si tratta dunque di un modo più realistico di fare chiarezza, di comprendere i comportamenti umani; dal punto di vista, poi, di chi ha compiuto o subito un’azione sbagliata, dn fa balenare anche un’idea diversa del perdono. Per noi, infatti, perdonare qualcuno significa sostanzialmente dimenticare, nel suo caso, i principî di giustizia, o ritenerli meno importanti dell’individuo (e il rischio è, naturalmente, che a forza di perdonare in tal senso, quei principî finiscano con l’indebolirsi); mentre nel dn è inclusa anche l’idea che si debba sempre «separare» l’individuo dalle azioni che ha commesso: e che dunque chi ha rubato non sia per ciò stesso un ladro, ma semplicemente uno che a un certo punto ha commesso un furto; e, allo stesso modo, che chi ha sbagliato vita non sia un fallito, e chi ha patito un torto non sia una vittima, e via dicendo. Dayan, «giudice», diventerebbe insomma colui che, dopo aver analizzato qualche guaio, ha il dono di dire a chi vi era coinvolto: «Ecco, è passata, sei di nuovo tu: ora puoi vedere meglio, imparare da ciò che è avvenuto e ricominciare in un altro modo». E i Daniy’el hanno precisamente questo potere, da cui possono trarre grande vigore, ispirazione e gioia. Perché sono per natura saggi e sensibili, avidi di verità e altruisti: mentre la maggioranza degli uomini si ritrae inorridita o disgustata dinanzi agli errori o ai guai di un loro simile, loro ne sono attratti per vocazione, sentono il profondo impulso a sciogliere i lacci che legano il futuro altrui, come se quel futuro fosse il loro. Brillano dunque in qualsiasi campo dell’assistenza: come operatori sociali, specialisti della riabilitazione, educatori in scuole difficili; talvolta diventano una benedizione anche come psicologi, benché non dispongano di una specifica Energia Yod. Ma, a parte questi loro ambiti più appropriati, vale sempre la regola secondo cui quanto più uno scopre e sviluppa le doti del suo Angelo, tanto più si estende il suo campo d’azione: quindi, quale che sia la professione di un Daniy’el, la scoperta e lo sviluppo dei suoi impulsi a migliorare la sorte altrui non potrà che accrescere la sua fortuna. Era Daniy’el Friedrich Engels, che trascurò la sua florida ditta per togliere dalle ristrettezze economiche Karl Marx e finanziare la diffusione delle sue opere: e con lui elaborò la più celebre delle ideologie moderne in difesa degli sfruttati e il miglior sistema – a tutt’oggi – di scindere e analizzare le componenti e le forze di una società ingiusta. È Daniy’el anche Woody Allen, che pure analizza meticolosamente, nelle sue opere, le dinamiche dei lacci psicologici e morali che imprigionano la personalità dell’individuo civilizzato, apparentemente normale.
E individuare un laccio, nella vita interiore come anche nella società, vuol già dire aver cominciato a sciogliersene: il dn si basa su quella fondamentale legge del limite, per la quale nessuno che abbia visto un proprio limite ne rimane davvero bloccato, poiché sarebbe stato impossibile vederlo se non si fosse già giunti più in là di esso. Perciò i «giudizi» dei Daniy’el hanno sempre un effetto corroborante: alita dalle loro analisi lo slancio di una nuova voglia di vivere, di nuove speranze, oltre che la viva percezione di una vittoria morale, magari su noi stessi, quando vediamo che qualche nostra sconfitta è dipesa soltanto da un nostro comportamento errato, e (dn!) ci accorgiamo che nulla ci impedisce di comportarci altrimenti da lì in poi. Quanto invece al delineare progetti concreti per un avvenire migliore, i Daniy’el non sono altrettanto precisi e attendibili. Il loro compito è giudicare, non costruire. Il Daniy’el Winston Churchill, per esempio, fu un’ottima guida per gli inglesi nelle loro circostanze più critiche, nella Prima come nella Seconda guerra mondiale, ma rivelò una scarsa lungimiranza nei periodi postbellici. Nella direzione del futuro, l’immaginazione danieliana sembra evaporare, come se si dissolvesse non appena i guai del presente e del passato cessano di ancorarla alla realtà; e solo in arte certe loro dissolvenze riescono meravigliosamente – nelle visioni di William Blake, per esempio, o nelle ville di Palladio. Ma tant’è: i Daniy’el consapevoli avranno comunque da fare a sufficienza, nel presente, per il bene di moltissimi. 
Ma, come sempre, anche per loro possono essere feroci le conseguenze di un eventuale rifiuto dei propri talenti. Un Daniy’el che decida di occuparsi soltanto del proprio personale benessere viene regolarmente assediato da inconvenienti, che gli faranno desiderare per sé proprio ciò che avrebbe dovuto fare per gli altri. La vita lo porrà in situazioni di sconfitta, di oppressione, di disperazione anche, tanto più dure quanto più proverà a desiderare qualcosa e a esporsi per ottenerla. Un’unica via d’uscita, assai magra, la troverebbe nel tenersi da parte in tutto, in una qualche professione-guscio, senza azzardare mai nulla, senza mai nemmeno tentare di conoscere la propria autentica personalità (perché anche questo sarebbe un desiderio, e dunque un esporsi): un po’ come la maschera che proprio Allen ama indossare nei suoi film, per esorcizzarla. Così dimesso e impaurito, il Daniy’el renitente non avrebbe che da perdersi in una qualche massa e fluire con essa, sperando che a quella massa non capiti nulla di male, o che eventualmente salti fuori un qualche Daniy’el sveglio e volonteroso a soccorrerla nelle fasi critiche. Meglio non rifiutare i doni ricevuti, e osare.
Qualità di Daniel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità che sviluppa Daniel sono concretezza; capacità di sintesi e di analisi; profondità di ragionamento e semplicità d'espressione; amore per la bellezza e l'arte. Concede i doni dell'eloquenza o del canto; carattere magnetico, capace di consolare ed aiutare gli altri: i suoi protetti infatti sono riflessivi, buoni consiglieri, portatori di armonia e di giustizia nel senso più umano del termine. Dona protezione dagli aggressori. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Sbarionath e rappresenta il pessimismo e il rancore. Causa intransigenza, eccessiva severità, accusa, delazione, frode. Ispira a vivere con mezzi illeciti.   
Meditazione associata al Nome: abbastanza non è mai abbastanza 
La meditazione associata a Daniel si chiama "abbastanza non è mai abbastanza"; secondo la Kabbalah infatti questo Nome offre uno strumento meditativo efficace per prendere coscienza del proprio valore e anche di quali sono le cose di cui realmente abbiamo bisogno e per cui ci dobbiamo impegnare. Comprendere che si merita di più (nel senso profondo e non delle mere acquisizioni materiali) aiuta a capire se nella nostra vita stiamo accettando compromessi che finiscono per mortificarci. A volte infatti "ci accontentiamo" nel senso che ci svendiamo, finendo per sottovalutarci e per rinunciare ad aspirare a una vera realizzazione. Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: per l'enegia di questo Nome chiedo aiuto nell'individuare i veri obiettivi per la mia felicità. I miei occhi e il mio cuore restano focalizzati tutto il tempo sull'obiettivo finale. Risveglio la perseveranza e la passione, la determinazione a non accontentarmi mai, ma proprio mai, del meno. 
Esortazione angelica
Daniel esorta a divenire giudici attenti di se stessi e del mondo, e ad esercitare tutta la clemenza, la compassione e la fiducia necessarie per sviluppare i propri talenti; con il suo aiuto invita a trarre il meglio da se stessi, dagli altri e dalle circostanze, nell'interesse di tutti. 
Giorni e orari di Daniel
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Daniel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 26 febbraio, 10 maggio, 24 luglio, 6 ottobre, 17 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h.16.20 alle 16.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Daniel è l'8° versetto del Salmo 103: Miserator et misericors Dominus, longanimis et multae misericordie (il Signore è buono e misericordioso, lento all'ira e grande nell'amore).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell'introspezione psicologica. In questo caso la radice daleth-nun-yod risponde alla configurazione: "l'Imperatore - la Temperanza- la Ruota", da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: chiede l'Imperatore (stabilità, dominio sul mondo materiale): come va il mio lavoro, la mia vita materiale? cosa sto costruendo? in che rapporti sono con mio padre, con l'idea di potere? chiede la Temperanza (protezione, circolazione, guarigione): cosa mi protegge? quale rapporto devo mantenere con me stessa? cosa devo curare? chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? quali sono le mie opportunità? cosa mi aiuta? cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi blocca?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 28 novembre e il 2 dicembre. L'angelo Daniel appartiene al Coro degli Angeli Principati guidato dall'Arcangelo Haniel. Il segno del sagittario cade sotto il gioioso Arcangelo Hesediel, mentre la decade che qui interessa (23 novembre-2 dicembre) è sotto il severo Arcangelo Camael. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Daniel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita. 
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Giuseppe Filippo, poliziotto; Carlo Casalegno, giornalista; e Attilio Bonincontro, carabiniere.

mercoledì 23 novembre 2011

Vehuel, angelo 49, dei nati dal 23 al 27 novembre

Vehuel, o Wehewu’el, è il 49esimo Soffio e il primo raggio angelico nel Coro venusiano degli Angeli Principati, nel quale amministra le energie di Urano. Il suo elemento è il Fuoco; ha domicilio Zodiacale dallo 0° al 5° del Sagittario ed è l'Angelo Custode dei nati dal 23 al 27 novembre. I sei Angeli Custodi del Sagittario sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone leali, gentili, energiche e indipendenti, capaci di gestire il potere ma anche di essere generosi con i deboli gli oppressi; orgogliosi e impulsivi, questi nati sono anche pronti a dimenticare i torti. Secondo Sibaldi i 6 angeli del Sagittario hanno anche una caratteristica specifica: sono accomunati da qualità molto simili tra loro, il che non si riscontra nelle energie angeliche di nessun altro segno zodiacale: è semmai molto raro che due Angeli dello stesso segno si somiglino. Questi 6 Principati, invece, sembrano essere una sorta di variazione sullo stesso tema esistenziale, che Sibaldi chiama "il Castello": quello che sembra rappresentato, fra 2 torri, nel pittogramma delle 3 lettere-radice del Nome. E aggiunge che i Principati sono gli Angeli della Bellezza: Dante, nel pieno rispetto della Qabbalah, li colloca nel terzo cielo del Paradiso, quello di Venere. La bellezza è quel qualcosa che si coglie nelle forme, ma che supera le forme stesse: e tutti i loro protetti sembrano appunto porsi, sul piano esistenziale, come "in alto" rispetto agli altri, in quanto cercano in se stessi una forma di identità più alta, più grande del semplice «io». Se per moltissimi che si accontentano di appartenere a un qualche «noi» (nazione, squadra, azienda, famiglia, religione, razza) l’«io» non è ancora nemmeno considerato, e per molti altri ancora l’«io» è un punto di arrivo (già riuscire a essere se stessi è una grande conquista), per i nati sotto questi angeli l’io è addirittura una porta (la Hé!), l’inizio di una via, oltre la quale sono impazienti di avventurarsi. Perciò il «noi» può annoiarli e opprimerli, così come fermarsi alla semplice accettazione e soddisfazione dell’«io». 
Il nome di Vehuel significa “Dio che magnifica e innalza"
Il dono dispensato da Vehuel è l'ELEVAZIONE.
Vehuel è definito l'angelo più sublime ed esaltato, quello che riunisce, fonde e compenetra in sè i piaceri del Cielo e della Terra: intensifica le percezioni sensoriali e crea splendore, fisico e morale, intorno ai suoi protetti che si affidano a lui, i quali sono persone seducenti e capaci di toccare il cuore. Dice Haziel che Vehuel fa scoprire agli Umani la bellezza dell'Ordine Divino; ma perché ciò possa accadere promuove l'alleanza fra quanti si assomigliano, affinché, una volta riuniti, possano edificare insieme una nuova società basata sulla gioia comune. I suoi nati, dunque, assimilano, per così dire incorporano gli amici alla propria essenza, perché Vehuel è l'Angelo della perfetta amicizia. E' anche angelo di consolazione, da invocare ogni volta che il nostro spirito è triste e contrariato, per i nostri turbamenti personali o per compassione verso le tribolazioni del mondo, per riceverne conforto e speranza. Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell'Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, waw-he-waw, la prima lettera Waw (gancio) proviene da: "Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro" (Esodo, 14, 19).  La Hé (finestra) viene da (Esodo, 14, 20): "venendosi a trovare fra l'accampamento degli Egiziani e quello di Israele"; mentre la seconda Waw proviene da (Esodo 14, 21): "e l'Eterno, durante tutta la notte, ritirò (prosciugò) il mare con forte vento da Oriente". Il rebus formato da queste 3 lettere dà l'immagine della giustizia e del risarcimento morale; questi segni suggeriscono anche che Vehuel aiuta a trovare la propria direzione. Vehuel, considerato l'angelo che aiuta a elevarsi verso il divino, ci fa comprendere che noi siamo parte di un tutto che non è un insieme di parti separate, quanto un solo organismo in cui tutto è totalmente interconnesso.
Vehuel secondo Sibaldi
Sibaldi vede, nella radice waw-he-waw del Nome il concetto: "La mia energia è da ogni parte protetta e nascosta". Le tre lettere-radice di questo Nome sono due waw, che raffigurano il nodo e l’ostacolo, attorno a una he, simbolo dell’anima e dell’invisibile: sono le stesse che si ritrovano nell'angelo Wehewuyah dell’inizio di primavera, che Sibaldi definisce "roboante". E così ci spiega  le differenze: Wehewuyah (o Vehuiah) di primavera appartiene al Coro dei Serafini, Angeli della volontà suprema, e per lui le waw rappresentano una sfida irritante, un assedio da spezzare. Con Wehewu’el siamo invece nel Coro dei Principati, i delicati Angeli della bellezza: le due waw, qui, somigliano piuttosto alle torri di un castello, in cui animi nobili trovano riparo da un mondo che a loro non piace. I Wehewu’el hanno, in realtà, la strana caratteristica di tenere aristocraticamente nascoste le loro migliori qualità. Alla gente (e spesso anche ai propri famigliari) ne mostrano altre, costruite apposta, come maschere: a volte mediocri, a volte addirittura scadenti, come se godessero nell’apparire inferiori a ciò che veramente sono. E non è per modestia. La gente, semplicemente, li ha profondamente delusi; troppa volgarità, ottusità e meschinità hanno trovato attorno a sé fin dall’infanzia: sono troppo brutti gli yahoo, direbbe il Wehewu’el Jonathan Swift – che ne I viaggi di Gulliver aveva ribattezzato «yahoo» la specie umana – e perciò non meritano di aver libero accesso ai grandi tesori che ogni Wehewu’el sa di possedere in se stesso. Gli si potrebbe obiettare che è lui a volerli vedere così, e che i nostri simili hanno pure qualche tratto buono e interessante, anche se certamente non tutti. Ma un Wehewu’el non ne vorrà sapere, risponderà con un sorriso vago, che a moltissimi sembra ipocrita – la cosa non lo tocca minimamente. In qualche raro momento di confidenza potrà raccontarvi che ha provato anche lui a vedere del buono negli yahoo, e varie volte se n’è fidato, ma invano. Voi avrete, giustamente, il sospetto che in qualche modo il Wehewu’el se le sia andate a cercare, quelle esperienze tristi di cui parla: ma in tal caso potrà rispondervi che non ha fatto proprio nessuna fatica a trovarle. E lì la conversazione su quest’argomento potrà anche aver fine. Il Wehewu’el, d’altra parte, ritiene di stare benissimo da solo. In cima alla torre più alta del suo castello interiore, la sua brillante intelligenza può fargli scoprire ogni giorno cose nuove, se ha saputo nutrirla di cultura; se no, ragiona limpidamente sulle notizie del giornale e comprende come pochi altri le dinamiche politiche, sociali e soprattutto morali del suo tempo; oppure, se ha sviluppato interessi spirituali, medita e contempla verità grandiose. Ma non ve ne parlerà mai. Forse ne racconterà qualcosa al suo gatto, o al suo cane, poiché i Wehewu’el amano molto gli animali; oppure ai bambini, altra loro passione, purché siano abbastanza piccoli da non essere stati ancora contaminati dal mondo scadente dei loro genitori. Ad esempioe Harpo Marx, con il suo personaggio muto e sempre occupatissimo a rendere ridicoli gli adulti, era nato il 23 novembre. Anche Collodi era di quest’Angelo: e non è un semplice caso, dunque, se stranissimamente 'Le avventure di Pinocchio' non venne notato da nessuno se non dai bambini, finché il suo autore visse; e come prevedendolo (e forse anche desiderandolo, chissà), quando decise di stamparlo in volume, Collodi si rifiutò di firmare il contratto che gli garantiva i diritti d’autore: lo pubblicò gratis, insomma, per esprimere tutto il suo disprezzo per quel pubblico che i suoi colleghi si affannavano invece a compiacere. Certamente meno orgoglioso fu, per i diritti d’autore, Charles M. Schulz, l’autore dei Peanuts, ma tra i suoi personaggi non compaiono mai gli adulti, quasi nel sottinteso che non avrebbero potuto capire in alcun modo le profonde riflessioni filosofiche di Charlie Brown, Linus e Snoopy, o l’arte pianistica di Schroeder. E Laurence Sterne, il più originale autore del Settecento inglese, costruì il suo Vita e opinioni di Tristram Shandy sulla finta intenzione di scrivere una biografia del suo protagonista: ma in settecento pagine non ne narrò che i primi quattro anni – come se solo quelli contassero – e godette invece nel dipingergli intorno un ambiente di parenti e servitori terribilmente spassosi, con i loro tic e le loro follie di adulti «normali». Nei nostri dintorni, Wehewu’el sono molti dei camerieri che al ristorante ci guardano dall’alto in basso, sorridendo del nostro modo di esitare davanti al menu; e così pure insegnanti e impiegati di second’ordine, casalinghe e custodi che avrebbero potuto svolgere egregiamente mansioni illustri, ma che in fondo al cuore hanno invece ritenuto una concessione eccessiva mostrare al prossimo quanto valgono. Si troverebbero altrettanto bene in qualsiasi attività che richieda o induca una notevole dose di scetticismo nei riguardi degli ideali altrui: come – almeno in certi Paesi, il nostro incluso – i funzionari di ministero o di ambasciata, o i militari di carriera. Il grosso problema è che tra le doti dei Wehewu’el, come di quasi tutti i protetti dei Principati, si trova anche quella speciale variante d’Energia Yod che i qabbalisti chiamano «consolazione»: una sorta di impercettibile effluvio risanatore che, quando viene usato, ha il potere di dissolvere negli altri la rabbia, il rancore, il rimpianto e il rimorso, i quattro terribili errori psicologici, cioè, che rendono il nostro organismo più vulnerabile alle malattie. E dato che, proprio come l’Energia Yod, anche la «consolazione » si vendica di chi non la usa – causando in lui gli stessi disagi che avrebbe potuto curare – e che l’unico modo di usarla è rivolgersi agli altri con simpatia e fiducia, e parlare, confidarsi, e condividere sentimenti, ne consegue che la solitudine e il riserbo dei Wehewu’el finiscono con l’essere, per loro, piuttosto rischiosi. Dovrebbero scendere almeno un po’ dalla torre, se non altro per amore della propria salute. Ma l’unica cosa che possa veramente costringerli a farlo sarebbe un ideale, lo slancio che dà il pensiero di avere una missione nel mondo – una qualsiasi, non importa quale. E occorre un miracolo perché ne trovino uno e riescano a crederci abbastanza a lungo, senza che il loro cuore si inacidisca. Il Wehewu’el Augusto Pinochet ebbe forse qualche ideale del genere in gioventù, ma poi, quando giunse al sommo del suo lugubre potere, si sa come andò a finire per gli sventurati «yahoo» cileni che dovettero subirne la dittatura.
Qualità di Vehuel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità che sviluppa Vehuel sono generosità d'animo, disponibilità verso gli altri, valori morali, personalità acuta e sensibile; gioia, amicizia, altruismo, tolleranza, capacità di cogliere il bello ovunque, e anche di riappacificare i contendenti. Concede successo nei campi della giurisprudenza, delle lettere, dell'insegnamento e della diplomazia. Dona protezione dai furti e dagli incidenti. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Onéi  e rappresenta l'egoismo e l'avidità. Ispira odio, egoismo, egocentrismo, ipocrisia, intolleranza; causa despotismo, crudeltà, abusi di potere.
Meditazione associata al Nome: felicità
La meditazione associata a Vehuel si chiama "felicità" e ci aiuta a discernere, e a saper scegliere, fra il piacere momentaneo e la felicità duratura. Questo processo può passare per delle fasi di rinuncia, il cui vero scopo è portarci a comprendere i veri bisogni della nostra anima, che restano nascosti sotto le pulsioni superficiali, che tengono verso gli egoismi e gli appagamenti più effimeri.  L'insegnamento cabbalistico legato a questa meditazione è quello del famoso detto: "attento a ciò che desideri! potresti ottenerlo"; un monito che alliude alla verità per cui la nostra anima raggiunge la gioia solo quando la nostra vita si sintonizza con le sue aspirazioni più elevate. Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: trovo la forza per dissipare i miei sentimenti egoistici: per l'energia di questo Nome chiedo e ottengo ciò di cui la mia anima ha veramente bisogno, non quello che il mio ego crede di desiderare. La mia anima si espande: sento di apprezzare profondamente ogni cosa che la vita mi offre e mi sento permeare dalla felicità
Esortazione angelica
Vehuel esorta alla gioia, all'espansione, alla tolleranza più autentica nella comprensione dell'unità fra noi e ogni altro essere e cosa. 
Giorni e orari di Vehuel
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Vehuel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 25 febbraio, 9 maggio, 23 luglio, 5 ottobre, 16 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h.16.00 alle 16.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Vehuel è il versetto: Magnus Dominus et laudabilis nimis, et magnitudinis eius non est investigatio (Sal.145,3 - Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell'introspezione psicologica. In questo caso la radice waw-he-waw risponde alla configurazione: "l'Innamorato - il Papa" - l'Innamorato, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: chiede l'innamorato (l'androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni mi trovo coinvolto? che scelte devo operare? chiede il Papa: cosa dice la Tradizione, la Legge? cosa comunico e con quali mezzi? sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? ho un ideale? chiede nuovamente l'innamorato: in quali relazioni mi trovo coinvolto? che scelte devo operare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 23 e il 27 novembre. L'angelo Vehuel appartiene al Coro degli Angeli Principati guidato dall'Arcangelo Haniel. Il segno del sagittario cade sotto il gioioso Arcangelo Hesediel, mentre la decade che qui interessa (23 novembre-2 dicembre) è sotto il severo Arcangelo Camael. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Vehuel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita. 
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Lea Garofalo, collaborarice di giustizia, Giuseppe Scalia e Giovanni Severino, sindacalisti, Ezio Lucarelli, carabiniere, e Domenico Taverna, poliziotto.

venerdì 18 novembre 2011

Mihael, angelo 48, dei nati dal 18 al 22 novembre

Mihael, o Miyhe’el, è il 48esimo Soffio e l'ottavo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie lunari. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 25°al 30° dello Scorpione ed è l'Angelo Custode dei nati dal 18 al 22 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare. 
Il nome di Mihael significa “Dio, padre misericordioso"
Il dono dispensato da Mihael è la GENERAZIONE o la PROCREAZIONE.
Mentre l'Arcangelo Raffaele (a capo del coro solare delle Virtù) rappresenta il Fuoco, l'Angelo Mihael (che in questo coro governa le energie lunari) rappresenta l'Acqua; entrambi evocano dunque l'unione felice di due elementi il cui equilibrio è all'origine di ogni fecondità. Unendo in sè queste due energie, Mihael simboleggia la perfetta interazione fra i complementari: è dunque l'angelo dell'unione coniugale, ma anche protettore di tutte le unioni, sia di amore e di amicizia, sia di tipo professionale (comprese le società e le associazioni), che favorisce concedendo fecondità (anche progettuale) e il dono dell'intuizione che permette di presentire esattamente ciò che sta avvenendo. E' anche l'agente fecondatore per eccellenza: i suoi protetti possono invocarlo contro la sterilità in qualunque momento, gli altri preferibilmente nel giorno di Mikael Arcangelo: la Domenica. Secondo il Testo Tradizionale, quest'Angelo ama che i suoi protetti viaggino molto e che assaporino tutti i piaceri, spirituali e materiali; i suoi nati saranno favoriti nello stabilire rapporti armoniosi e profondi con l'altro sesso: relazioni felici e piene d'immagine, di aneddoti, di avventure che arricchiranno.
Dice Haziel che Mihael opera in modo che la nostra Coscienza si esprima precipuamente tramite i sentimenti. L'Ego attua un lavorio interiore per trarre profitto dall'illuminazione che la nostra natura emotiva riceve, e accordarle, per così dire, un elevato potere espressivo; i sentimenti vengono posti in evidenza, in risalto, e tutto ciò che la persona realizzerà farà leva sui sentimenti stessi. Per i mistici cristiani questo quadro interiore, sotto l'influsso radioso di Mihael, rappresenta la nascita del Figlio Divino in seno alla natura umana. Quest'Angelo-Sole è solidale con quanti ricercano l'interiorità e manifesta la sua Luce nella profondità dell'essere. 
Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell'Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Mem (acqua) proviene da: "Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro" (Esodo, 14, 19).  La Yod (mano) viene dalla prima lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo, 14, 19): "venendosi a trovare fra l'accampamento degli Egiziani e quello di Israele"; mentre la Hé (finestra) proviene da (Esodo 14, 21): "e l'Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente". Il rebus formato da queste 3 lettere dà l'immagine della vita di coppia e dell'armonia coniugale (interpretazione Muller/Baudat); dà inoltre l'idea di un'energia che sostiene tutte le unioni. Mihael è considerato infatti l'Angelo del conforto morale.
Mihael secondo Sibaldi
Sibaldi vede, nella radice mem-yod-he del Nome il concetto: "Io comprendo le manifestazioni dell’invisibile". C'è qualcosa, nella natura profonda di questi nati, che li differenzia da tutti gli altri, e che ha a che fare con "l'incontro fra gli opposti" realizzata da questa energia angelica. Così cerca di descriverlo Sibaldi: solo qualche Miyhe’el più esperto, o gli Yezale’el (che conoscono gli stessi tormenti), potrebbero aiutarli a capire il problema: il fatto è che nel loro io i due (o tre, o quattro) sessi a tutti noti si sono integrati, a costituire un modo di essere, di pensare, di sentire al tempo stesso maschile e femminile, penetrante e avvolgente, in grado di dare e di ricevere in egual misura. Che a questa ulteriore identità sessuale il mondo non sia ancora pronto, è cosa abbastanza evidente: i Miyhe’el non avrebbero, se no, tutti i problemi che hanno. Ma altrettanto evidente è che tutta l’umanità tenda, sempre più, in tale direzione: che nell’attrazione di un sesso verso l’altro si esprima la percezione della propria incompletezza, la brama di scoprire non tanto ciò che l’altro o l’altra ha di diverso da noi, ma ciò che in lui o in lei rispecchia una componente di noi, che da qualche nostra profondità non riesce ancora a emergere. Questa brama i Miyhe’el non ce l’hanno, a loro non occorre più. Per loro l’amore è amore e basta: un’anima che ne cerca un’altra a lei affine, senza che l’urgenza del desiderio spinga a produrre (come avviene ai più) illusioni di sentimenti dove non ce ne sono. E se riuscissero a essere veramente se stessi, i Miyhe’el non sbaglierebbero mai e avrebbero solamente unioni grandi, perfette, profondissime. Purtroppo, dicevo, a lungo provano ad adeguarsi, e la loro vita sentimentale conosce, spesso, tutti gli spigoli dolorosi dell’inautenticità, dell’incertezza, della delusione e della soffocante rassegnazione.
Poi d’un tratto nascono, capiscono, si accettano. Può avvenire a venticinque anni o a trentotto (età classica della scoperta di sé) o ancora più in là; a destarli può essere un’ennesima delusione, o un brusco cambiamento di luogo o di lavoro, o un incontro, o lo slancio con cui, magari, si abbraccia un ideale o si abbandona una fede: comunque sia, quando succede, da una settimana all’altra tutto diventa nuovo, non solo e non tanto nei rapporti sentimentali, ma in ogni settore della loro esistenza. Il Miyhe’el butta all’aria tutti i suoi sforzi di sembrare ciò che non è, e si mette a fare di testa sua. Scopre la sua enorme energia (il doppio d’un normale individuo monosessuale), si accorge di poter pensare, anche, due volte più in grande di tutti quelli che conosce; ne è sorpreso e ne gioisce, e gioia e fierezza moltiplicano ancor di più la forza delle sue idee, dei suoi progetti, delle sue azioni. Avviene qualcosa di molto simile anche ai loro quasi gemelli Yezale’el; ma negli Yezale’el questa grande accelerazione produce per lo più la voglia di surclassare chi hanno intorno: nei Miyhe’el, invece, esplode qui un bisogno di liberazione, come una rivalsa su tutto il tempo sprecato a conformarsi. È capitato, nella storia, che queste esplosioni miheliane abbiano avuto conseguenze enormi: con Martin Lutero, per esempio, con Voltaire, o con De Gaulle: tutti e tre divennero a un tratto impavidi liberatori da una qualche oppressione, e provocatori testardi e irresistibili, dopo un periodo più o meno lungo di sottomissione alla mentalità altrui. Decisero di cambiare il mondo, né più, né meno; e anche il Miyhe’el Robert Kennedy ci avrebbe sicuramente provato, se non lo avessero assassinato. La Miyhe’el Nadine Gordimer volle cambiare invece la struttura della mente colonialista: e ci mise tutto il suo cuore, inimicandosi il governo e buona parte del popolo sudafricano per le sue battaglie contro l’apartheid; il Miyhe’el René Magritte gioì per decenni nel portare avanti, rinnovandola di continuo, la liberazione surrealista dell’immaginazione. Quanto alla più celebre tra le Miyhe’el attrici, Jodie Foster, il destino volle che il suo film più memorabile fosse proprio Taxi Driver, in cui recitava la parte di una bambina prostituita, schiavizzata cioè in un ruolo sessuale non suo (e quale Miyhe’el non si riconoscerebbe un po’?): e la sua liberazione distrugge d’un tratto tutto il mondo a lei noto, e suscita gran clamore. Angelologicamente inappuntabile. In quale professione queste bombe a orologeria possono trovarsi maggiormente a proprio agio? facilmente, a loro sembrerà inadatta qualunque professione abbiano intrapreso prima della personale rivoluzione che devono fare. E qui le sorti dei Miyhe’el si dividono in due grandi gruppi: da un lato, quelli che si inventano un’attività nuova, una qualche improvvisa passione da coltivare dapprima nel tempo libero, e sulla quale poi costruire una fortuna. Dall’altro quelli che, per età, o vincoli vari, o magari per timore dello slancio che in loro sta crescendo, preferiscono tenersi aggrappati al loro lavoro sicuro. Questi ultimi, naturalmente, saranno ben presto i più inquieti: insoddisfatti, impazienti, irritabili, con nel cuore la sensazione di star perdendo ogni giorno qualcosa. Può accadere anche che le due sorti finiscano con il sovrapporsi: che dopo un periodo di entusiasmo innovativo un Miyhe’el torni cioè a frenarsi, e a frenare anche ciò che nel frattempo avrà messo in moto: è quello che avvenne a Lutero, nelle sue celebri retromarce dinanzi alle impennate più rivoluzionarie delle popolazioni da lui ispirate. Ma ne risulterà solo inquietudine e rimpianto. Meglio osare: rallentare in corsia di sorpasso non porta bene. Il Miyhe’el Carlo I d’Inghilterra, per esempio, non seppe né comprendere né assecondare i mutamenti che andavano maturando durante il suo regno, e nemmeno approfittare del colpo di fortuna che gli toccò dopo il suo primo arresto, quando riuscì, rocambolescamente (e mihelianamente) a evadere; tornò a opporsi alla marea montante della rivoluzione, e fu il primo monarca dell’Europa moderna decapitato sulla pubblica piazza. Ci sono tanti modi di decapitare se stessi e le proprie possibilità: abbiano riguardo, i Miyhe’el ridestati.
Qualità di Mihael e ostacoli dall'energia "avversaria"
Mihael concede l'armonia coniugale, la pace e l'unione fra gli sposi; dispensa il dono di buone percezioni e della chiaroveggenza. Le qualità che sviluppa sono capacità di suscitare amore, riconciliazione, pace e benevolenza fra gli altri; fedeltà, intuito, premonizioni fondate, fecondità (relativa alla prole e alle opere dell'ingegno), piacevoli evasioni; temperamento sentimentale, incline all’amore e ai piaceri, difesa della famiglia. 
L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Amatiah e rappresenta l'infedeltà e la lussuria. Causa discordia, sterilità, incostanza, problemi coniugali e gelosia.
Meditazione associata al Nome: unità
La meditazione associata a Mihael si chiama "unità". L'insegnamento cabbalistico legato a questa meditazione è che cercare di essere in armonia con i nostri avversari non è un precetto morale, ma un'azione che ci giova al massimo grade conducendo dentro di noi una Luce permanente. Pur avendo punti di vista opposti, due avversari possono avere entrambi ragione, o almeno credono di averla soggettivamente; ma per ottenere i benefici spirituali che portano vera felicità, in presenza di conflitti, invece di imporre ciecamente la propria ragione, ciascuno dovrebbe cedere il passo alla ragione superiore dell'unità. MeditazioneOra, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: chiedo e ottengo la capacità di vedere, e comprendere, tutti gli aspetti dei problemi che mi si presentano: per l'energia di questo Nome mi focalizzo sull'unità e sull'anima, arginando le forze avverse della divisione e dell'egocentrismo
Esortazione angelica
Mihael esorta alla pace e alla massima espressione delle proprie potenzialità in piena fiducia e solidarietà verso gli altri: perché noi siamo anche gli altri. L'unione fa la forza perché noi siamo, anche quando facciamo fatica a percepirlo, una cosa sola: ognuno di noi non è che una cellula nello stesso organismo. Ogni visione conflittuale è cecità, incapacità di vedere oltre le apparenze. 
Giorni e orari di Mihael
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Mihael è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 24 febbraio, 8 maggio, 22 luglio, 4 ottobre, 15 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h.15.40 alle 16.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Mihael è il versetto: Notum fecit Dominus salutare suum, in conspectu gentium revelavit iustitiam suam (Sal. 98,2 - Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell'introspezione psicologica. In questo caso la radice mem-yod-he risponde alla configurazione: "la Morte - la Ruota della Fortuna - il Papa", da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: Chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual'è la mia ira? cosa deve morire in me? cosa devo lasciar andare? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? quali sono le mie opportunità? cosa mi aiuta? cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi blocca? Chiede il Papa: cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale?  
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 18 e il 22 novembre. L'angelo Mihael appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall'Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (13-22 novembre) è sotto il supremo Arcangelo Metatron. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Mihael. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita. 
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Maria Grazia Cutuli, giornalista; Vittorio Battaglini e Mario Tosa, carabinieri.

domenica 13 novembre 2011

Asaliah, angelo 47, dei nati dal 13 al 17 novembre

Asaliah, o ‘Ashaliyah, è il 47esimo Soffio e il settimo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Mercurio. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 20°al 25° dello Scorpione ed è l'Angelo Custode dei nati dal 13 al 17 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare. 
Il nome di Asaliah significa “Dio giusto che indica la Verità"
Il dono dispensato da Asaliah è la CONTEMPLAZIONE.
Questo Angelo amministra le energie di Mercurio nel Coro solare delle Virtù: per questa ragione (essendo l'energia del Sole indentificata con la Verità, e quella mercuriana con la Giustizia) viene definito dalla Tradizione "Angelo di Giustizia e di Verità". I suoi protetti sono così portati a svolgere con successo compiti intellettuali, illuminati nell'intelletto e nei pensieri da questa energia angelica: le energie del Sole e di Mercurio, infatti, sgombrano dalla mente i pensieri negativi e i giudizi erronei. La memoria viene prodigiosamente rinforzata; con un'ottima memoria e le idee chiare, la persona troverà soluzioni efficienti. Il primo risultato di Verità e Giustizia si esprime nella consapevolezza che ogni cosa esistente è riverbero del volto di Dio e sua manifestazione: un dono nel dono; in quanto questa coscienza, come è insegnato tradizionalmente da ogni scuola mistica, discende dalla contemplazione.
Dice Haziel che Asaliah orienta la volontà umana a esteriorizzare il Pensiero Divino: questo Angelo illumina i mezzi di comunicazione sociale affinché la persona abbia la possibilità di pronunciarsi, senza declamare o arringare, per esibire i propri meriti o esternare le proprie opinioni con la dovuta incisività. La persona sarà di per sè molto comunicativa, estroversa, pronta a trasmettere il proprio messaggio: una sorta di porta aperta, attraverso la quale uomini e donne potranno scorgere la Via Celeste. Questi nati hanno il dovere di proclamare l'Ordine Celeste, di annunciare la sua esistenza e la necessità di istituirlo: è loro compito ricercare gli elementi più efficaci a fare udire e ascoltare tale proclama, che se fosse annunciato a pochi non avrebbe risposta. 
Infine, ad Asaliah ci si rivolge anche, specificamente, per ringraziare Dio delle grazie e benedizioni ricevute: ogni volta che una nostra richiesta, magari avanzata mediante uno degli alti angeli, viene accolta ed esaudita, è opportuno chiedere a lui di innalzare a Dio il nostro ringraziamento e gratitudine.
Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell'Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Ayin (occhio) proviene da: "Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro" (Esodo, 14, 19).  La Shin (denti) viene dalla seconda lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo, 14, 19): "venendosi a trovare fra l'accampamento degli Egiziani e quello di Israele"; mentre la Lamed (pungolo del bue) proviene da (Esodo 14, 21): "e l'Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente". Il rebus formato da queste 3 lettere dà l'immagine di una visione globale capace di percepire il piano divino (interpretazione Muller/Baudat); dà inoltre l'idea di un'energia che assiste nelle prove. Asaliah è considerato l'Angelo della contemplazione interiore e della glorificazione di Dio, che dispensa aiuto nel comprendere i segni.
Asaliah secondo Sibaldi
Sibaldi vede, nella radice
ayin-shin-lamed del Nome il concetto: "Io conosco le vie che dal basso conducono in alto". Vie da imboccare con decisione e piena fiducia: l’esitazione, dice Sibaldi, è il punto di partenza e l’unico vero nemico dei protetti di quest’Angelo delle Virtù; e così spiega il perché: gli ‘Ashaliyah imparano presto a conoscere la forza di gravità che la maggioranza esercita su ogni individuo: la fittissima rete di frustrazioni, di rassegnazione, di attese (spesso infinite!) in cui i più accettano di vivere – e che nel Nome dell’Angelo è raffigurata nella lettera ayin, il geroglifico del cedimento, delle traiettorie che si inclinano verso il basso. Fin dall’adolescenza gli ‘Ashaliyah sentono non soltanto di essere diversi da tutto ciò, ma di doverlo essere nel modo più evidente, perché il maggior numero possibile di persone sappia che esistono altre traiettorie, audaci, sfrontate, dritte verso l’alto. Perciò ogni volta che un giovane ‘Ashaliyah si accontenta di mezze misure avverte un senso d’angoscia, e le opinioni altrui lo annoiano dopo pochi secondi; quando viene criticato – non importa se a ragione o no – i suoi occhi sfavillano di collera o di disprezzo, che soltanto con enorme sforzo riesce a nascondere. L’impazienza gli brucia in petto, il suo viso e i suoi muscoli sono quelli di un atleta che aspetta lo start: se ancora non scatta in avanti, è soltanto perché la sua mente – vasta, profonda, limpida – non ha ancora individuato una meta abbastanza alta per lui, tra le caligini e le nuvole basse della banalità che vede attorno a sé.
Così si sentono, in gioventù. Può avvenire che aspettino a lungo, anche dieci, quindici anni, che per loro sono una tormentosa eternità. Può avvenire, nei casi più cupi, che il segnale di partenza li colga quando si sono già lasciati imbrigliare in un matrimonio opprimente o in un impiego inadatto a loro: e smuoversi, allora, è come strappar via un lembo della propria carne. Ma quando il momento arriva, non possono, non devono esitare. D’un tratto (le donne soprattutto) si lanciano vertiginosamente in qualche carriera brillante, e affrontano e superano rischi, sbaragliano ostacoli e avversari con un’energia che cresce in misura direttamente proporzionale ai successi ottenuti. A quel punto, come in un missile che esca dall’atmosfera, manca loro soltanto un ultimo stadio: ammettere dinanzi a se stessi la loro qualità più speciale, che è l’aver sempre ragione – un fulmineo, precisissimo istinto che permette loro di distinguere in ogni circostanza o persona il vero dal falso, il giusto dal perfido – e rifiutare da allora in avanti non soltanto le critiche ma persino i consigli di amici ed esperti, e non prendendo più in alcuna considerazione neppure le esigenze delle persone care o dei soci in affari, se contrastano con le loro. Allora nessuno li ferma più, e costruiscono imperi. A volte sbagliano, certo, ma per loro non è un problema: sanno che nessuno sbaglia tanto bene come loro, che cioè anche nei loro errori vi sarà sempre qualcosa di provvidenziale, il germe di qualche nuova intuizione da decifrare, o magari una prova che li fortifichi, o l’occasione per una pausa durante la quale raccogliere le forze e chiarirsi le idee per ripartire più risoluti. Sanno, soprattutto, che nessun errore deve scuotere la loro fiducia in se stessi: perché in tal caso la loro traitettoria verso l’alto si incurverebbe (l’ayin!) e ricomincerebbe l’angoscia, e l’angoscia, appannando la loro visuale, causerebbe altri errori, poi altri ancora, e il missile della loro energia perderebbe la rotta e si infrangerebbe al suolo. È dunque il loro istinto di conservazione (e non l’orgoglio, come credono i più, guardandoli) a convincerli che non sbagliano mai. Tutto ciò li rende personalità tanto affascinanti quanto impossibili a sopportarsi. È come se parlando con loro si percepisse di continuo il rombo di un motore in corsa. I famigliari, gli amanti, gli amici, devono tener loro dietro per non vederli svanire in una nube di gas di scarico, e poiché quasi nessuno ci riuscirebbe, gli ‘Ashaliyah riescono a conservare i rapporti con le persone care soltanto prendendole come equipaggio. Si addossano cioè le spese del loro mantenimento, o se le tengono intorno come farebbe un patriarca: riservando a se stessi tutte le decisioni, e pretendendo assoluta obbedienza e, possibilmente, adorazione. Né si dà mai il caso che possano cambiare atteggiamento: chi protesta viene semplicemente lasciato indietro e dimenticato, quando gli ‘Ashaliyah sono magnanimi, oppure sbrigativamente punito prima dell’abbandono, con memorabili accessi di furia. Non ha senso biasimarli per questo: sono forze esplosive della natura, non hanno altra scelta se non essere se stessi, in tutto e per tutto, o andare in mille pezzi se tentano di limitarsi. Devono naturalmente scegliersi professioni tiranniche: nemmeno dirigenti, ma fondatori e proprietari di aziende o società, o primari di cliniche, o baroni universitari, psichiatri, direttori di teatri, registi famosi (molti questi ultimi: sono ‘Ashaliyah Alberto Lattuada, Mario Soldati, Francesco Rosi, Martin Scorsese, Danny DeVito, Carlo Verdone), scienziati che puntino verso gli estremi confini della conoscenza (come Herschel, che scoprì il pianeta Urano). Tra gli uomini politici contemporanei, ‘Ashaliyah celebri sono Gheddafi e l’assai più timido, intralciato Carlo d’Inghilterra, che la sorte ha condannato ad attendere tanto a lungo. Oppure è la lontananza geografica ad attrarli, come avvenne per Robert Louis Stevenson, l’autore de L’isola del tesoro e dell’ashalianissimo Lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde, che andò ad abitare, in qualità di proprietario terriero, in un’isola  dell’arcipelago di Samoa, e divenne ben presto un leader politico e spirituale per i nativi. Altri viaggi a loro congeniali sono quelli nell’invisibile, nella mistica, nella magia soprattutto, sempre in cerca di superiori conoscenze ma, ancor di più, di poteri da adoperare per la loro personale affermazione, assolutamente realistica, nel mondo terreno.
Qualità di Asaliah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Asaliah sono carattere piacevole, portato alla giustizia e alla vita contemplativa. Animo nobile, amore per la giustizia e la verità, capacità di elevarsi. Profondità di pensiero. Dona giudizi positivi, carattere affabile, inclinazione per lo studio e per la conoscenza; elevazione dell'anima, interesse per le discipline eoteriche ed entusiasmo per la verità divina; lungimiranza, probità, capacità di tornare sui propri passi. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Borol e rappresenta la menzogna e le azioni nell'ombra, fatte di nascosto. Causa scandali, immoralità, errori di valutazione.
Meditazione associata al Nome: trasformazione globale
La meditazione associata a Asaliah si chiama "trasformazione globale". Tutti noi, se guardiamo al mondo criticamente, vediamo tantissime cose che proprio non vanno, e sentiamo il desiderio di un mondo migliore; ma verità e giustizia irradiate da questo angelo conducono alla scoperta che, se vogliamo un mondo migliore, l'azione più urgente ed efficace è iniziare a trasformare noi stessi. Dalla qualità della nostra interiorità, infatti, dipende direttamente la qualità di tutto quello che possiamo trasmettere al mondo, e dunque l'efficacia di qualunque nostra azione. Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: rifletto sulla verità spirituale che la pace planetaria inizia dalla pace nel mio stesso cuore. Per l'energia di questo Nome si accelera la mia trasformazione spirituale e si rafforzano le spinte di pace nel mondo
Esortazione angelica
Asaliah esorta a chiedere il suo aiuto per attingere conoscenza e verità con cui trasformare e migliorare se stessi e dunque la qualità della propria vita e infine il mondo.
Giorni e orari di Asaliah
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Asaliah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 23 febbraio, 7 maggio, 21 luglio, 3 ottobre, 14 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h.15.20 alle 15.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Asaliah è il versetto: Quam magnificata sunt opera tua, Domine! Omnia in sapientia feristi, impleta est terra creatura tua (Sal.104,24 - Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con sapienza, la terra è piena delle tue creature).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell'introspezione psicologica. In questo caso la radice ayin-shin-lamed risponde alla configurazione: "la Torre - il Mondo - l'Appeso", da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: Chiede la Torre o Casa di Dio (l'apertura, l'emergere di ciò che stava chiuso): con chi o con che cosa sto rompendo? da quale prigione mi sto liberando? quali energie si sbloccano dentro di me? quale gioia mi attende? chiede il Mondo (la realizzazione totale): qual è il risultato di quello che ho fatto? dove mi condurrà tutto questo? qual è la mia realizzazione? cosa mi sta imprigionando in questo momento? quali sono la mia realizzazione mentale, il mio genio? quali sono la mia realizzazione emozionale, la mia santità? quali sono la mia realizzazione creativa, il mio eroismo? qual è la mia realizzazione materiale? in cosa primeggio? Chiede l'Appeso (sosta, meditazione, dono di se stessi) cosa devo sacrificare? che cosa devo dare di me stesso? cosa devo fermare? cosa devo ascoltare?  
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 13 e il 17 novembre. L'angelo Asaliah appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall'Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (13-22 novembre) è sotto il supremo Arcangelo Metatron. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Asaliah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita. 
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Eleno Viscardi e Calogero Zucchetto, della Polizia di Stato; e Stefano Caronìa, sacerdote.

martedì 8 novembre 2011

Ariel, angelo 46, dei nati dall'8 al 12 novembre

Ariel, o ‘Ariy’el, è il 46esimo Soffio e il sesto raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Venere. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 15°al 20° dello Scorpione ed è l'Angelo Custode dei nati dall'8 al 12 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare. 
Il nome di Ariel significa “Dio rivelatore"
Il dono dispensato da Ariel è la SCOPERTA, o la PERCEZIONE.
Questo Angelo dispensatore energie venusiane e solari, chiamato anche "Dio Rivelatore", concede un sottile sentire in grado di intuire, oltre le apparenze, quel che accade veramente, o ciò che è già accaduto. Viene invocato, secondo la Tradizione, per vedere in anticipo il futuro, scoprire i tesori nascosti e rivelare "i segreti della natura" (con particolare riferimento ai meccanismi della vita e della sua riproduzione). Per aiutarci a realizzare i nostri sogni può infatti aprirci le porte di verità segrete, ma anche far trovare tesori nascosti sul piano materiale. Come dice Haziel, infatti, Ariel illumina il canale tramite il quale riceviamo le ricompense materiali e muove in larga misura le cose nell'ambito della vitalità e dell'amore. Traendo profitto dalla sua influenza la persona potrà investire del denaro nella diffusione della spiritualità; inoltre alle persone protette da quest'Angelo è concesso il dono innato di una notevole abilità manuale che si potrà esprimere nell'arte della gioiellieria o del taglio di pietre preziose. I suoi protetti avranno la marcata tendenza a esaltare questo mondo ma anche la capacità di organizzarlo secondo le leggi cosmiche: in questo caso non raramente disporranno di mezzi finanziari per migliorare l'ordine delle cose. Ariel ha infatti l'incarico di farci prendere coscienza delle molteplici bellezze del mondo fisico: su questo piano anche l'oro e le ricchezze, se utilizzate a fin di bene, sono una sorta di "Luce condensata", che consente di attuare più rapidamente progetti costruttivi. Le Preghiere rivolte a quest'Angelo vertono dunque, principalmente, su richieste di beni materiali che consentiranno di agire con maggior efficacia e facilità sul mondo fisico. Per la sua azione i nati in questi giorni potranno fare anche importantissime scoperte, di tipo spirituale, materiale oppure scientifico, tali da cambiare la loro vita dando loro nuove possibilità.  
Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell'Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Ayin (occhio) proviene da: "Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro" (Esodo 14, 19).  La Reisch (testa) viene dalla terza lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo 14, 20): "venendosi a trovare fra l'accampamento degli Egiziani e quello di Israele"; mentre la Yod (mano) proviene da (Esodo 14, 21): "e l'Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente". Il rebus formato da queste 3 lettere dà l'immagine di una visione capace di intuire oltre ciò che si vede, e di dare premonizione tramite i sogni (interpretazione Muller/Baudat).
Ariel secondo Sibaldi
Sibaldi vede, nella radice ayin-resh-yod del Nome il concetto: "tra le apparenze, come attraverso una nebbia, io conduco alla verità". E aggiunge che, se è vero che a tutti piace sentirsi un po’ speciali, a nessuno piace essere davvero diverso: ogni ‘Ariy’el avrebbe molto da raccontare a questo proposito, se l’imbarazzo, il timore anzi dei suoi meravigliosi talenti non l’avessero spinto fin dall’infanzia a tenerli nascosti perfino a se stesso. In realtà gli ‘Ariy’el sono tutti, per loro natura, veggenti: non sanno spiegarsi, cioè, come mai molte volte al giorno sboccino nella loro mente intuizioni tanto luminose sugli argomenti più diversi. È sufficiente che provino interesse per qualcosa o qualcuno, ed ecco che già hanno la strana, netta sensazione di saperne moltissimo, di conoscere soprattutto ciò che quel qualcuno nasconde. Provate a chiedere loro un consiglio su un qualsiasi argomento: nelle loro risposte baleneranno lampi di rivelazione, di cui si stupiranno anche loro, tanto quanto voi. Proprio quello stupore è la conferma del loro talento: gli antichi profeti sapevano bene che per sviluppare queste strane doti bisogna educarsi a non voler capire, a meravigliarsi soltanto. Ma quelli erano tempi in cui la profezia era un mestiere riconosciuto e spesso stimato, e lo si poteva imparare da qualche bravo maestro, mentre oggi queste facoltà eccessive rischiano di risultare soltanto scomode: sia di per sé, perché sono inquietanti, sia anche per l’eccesso di energia psichica che a esse si accompagna e che finisce con il diventare, spesso, un impaccio. Ognuno sa, per esempio, che nella nostra epoca è essenziale la specializzazione: ma la mente effervescente degli ‘Ariy’el non sopporta limitazioni al proprio campo d’azione, scopre e smaschera ovunque, e in certi suoi settori è perennemente attraversata da flussi di illuminazioni; dieci professioni non le basterebbero, per poter mostrare ciò di cui è capace! Complicazioni analoghe si hanno nella loro vita sentimentale: rarissimo, per un ‘Ariy’el, è trovare un compagno o amici di cui in breve tempo non conosca già tutti i segreti (il che non è mai bene) o che riescano a stare al passo con il continuo moltiplicarsi dei suoi interessi. La maggior parte degli ‘Ariy’el credono che tutto ciò sia troppo anomalo, e sgomenti, preoccupati, spaventati anche da quella loro particolare genialità, si sforzano – e riescono – a fuggire a lungo da se stessi. Alcuni si trovano lavori che impongano davvero continui spostamenti e perenne distrazione: autisti, camionisti, ferrovieri, rappresentanti, interpreti; altri semplicemente si spengono, come noi spegneremmo una radio: si impongono di sembrare normali e si scelgono perciò modesti ruoli di factotum – segretarie, assistenti, trovarobe – in cui almeno una parte delle loro doti possa esprimersi senza attirare troppo l’attenzione. Ed è naturalmente una sorte triste, non soltanto perché in fondo al loro cuore rimane sempre la sensazione di aver sbagliato, ma perché il destino ha l’abitudine di accanirsi contro chi rifiuta la propria eccezionalità, e li bombarda di frustrazioni in tutti i campi. Il risultato è di solito una forma depressiva più o meno grave, nella quale gli ‘Ariy’el si trovano imprigionati come il profeta Giona nella Balena, a tracciare cupi bilanci della loro esistenza. Erano ‘Ariy’el sant’Agostino, il più famoso depresso precoce della storia del cristianesimo; e Dostoevskij, che dopo i primi brevissimi successi riuscì a buscarsi, invece d’una depressione, una condanna a dieci anni di lavori forzati per un’intemperanza insignificante; o Alain Delon, che per scomparire e deprimersi al contempo andò in guerra in Indocina. Ma, talvolta, proprio questi periodi cupi possono diventare la salvezza: nel malessere, nell’angoscia, nella disperazione anche, gli ‘Ariy’el più fortunati si vedono finalmente costretti a fare i conti con se stessi, e hanno allora buone probabilità di trovare il coraggio di abbracciare la propria incredibile vocazione, e di stupire il mondo. Non sarebbe stato meglio farlo subito? Se siete dunque un ‘Ariy’el, o ne amate qualcuno, salvatevi e salvatelo, e l’umanità vi sarà grata. Negatevi, o negategli, qualsiasi possibilità di esitare! In fondo, l’unica cosa che occorre a questi profeti, è che imparino a fidarsi di se stessi più che del mondo intorno. Non importa se appaiono troppo sopra le righe: che possono farci, lo sono davvero! E se tutto ciò che fanno sembra incontenibile, troppo nuovo, troppo diverso, che male c’è? Non sanno fare altro, e nessuno saprebbe farlo meglio di loro. Quanto alla professione, va notato che in realtà il profeta o lo sciamano sono occupazioni inadatte ai tempi attuali solo se le si vuole svolgere come qualche migliaio di anni fa, ammantandole della stessa dignità esclusiva che avevano allora: ma un profeta o sciamano che abbia fede nelle proprie doti può dare ottimi contributi ovunque occorrano idee innovative, soluzioni brillanti o penetrazione psicologica, e le professioni che si basano su questi talenti sono numerose. Agli ‘Ariy’el non ne basta una, ne vogliono molte e diverse? E perché no? È sufficiente che smettano di aver paura di sé, e decidano di meritarsi gioia e ricompense. Condizione, quest’ultima, da cui dipende anche la loro felicità privata: com’è possibile, infatti, che chi ti può amare ti ami davvero, se non osi sapere chi sei e non vuoi farlo sapere a nessuno?
Qualità di Ariel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Ariel sono saper vivere, sensibilità, delicatezza, fiducia in sè e conoscenza di sè, buona organizzazione, comprensione dei propri errori, spirito fermo e di notevole costanza; propensione per la scienza e la medicina grazie a un'intelligenza acuta che rende portati agli studi scientifici e di ricerca, e alla capacità di comprendere i segreti della natura. L'angelo dona in effetti la possibilità di conseguire scoperte clamorose (riguardanti soprattutto la Natura) e rivelazioni in sogno . L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Hakamuli e rappresenta le attività inutili. Porta sfiducia in sè, inquietudine e tristezza. Causa confusione mentale, dubbi paralizzanti e spirito debole; ispira l'incoerenza e tenta gli spiriti fragili per indurli al male.
Meditazione associata al Nome: certezza assoluta
La meditazione associata a Ariel si chiama "certezza assoluta". Per spiegare questa meditazione, Yeouda Berg porta ad esempio il "principio di indeterminazione" di Heisenberg, che rappresenta la chiave di volta della meccanica quantistica: tale principio stabilisce che è impossibile determinare simultaneamente e con esattezza sia la posizione di un oggetto, sia la sua quantità di moto; fatto da cui conseguono evidenti, importanti implicazioni filosofiche. Un punto di vista kabbalistico suggerisce di ribaltare la nostra visione delle cose in senso possibilista: se invece di affermare "quando lo vedrò ci crederò", affermassimo "quando ci crederò lo vedrò", la nostra vita si aprirebbe a nuove, reali possibilità, soprattutto a partire dalla fiducia nel nostro destino, nel senso delle cose: nel fatto che le cose "giuste" per noi stiano già accadendo. Accettando anche il caos, infatti, ci accorgeremo che la sua durata, e quella del dolore, sono inversamente proporzionali al nostro grado di incertezza  Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: meditando su questo Nome mi riempio il cuore di tutte le qualità che discendono dalla fiducia e dalla sicurezza. Certezza! convinzione! fermezza! stabilità serena e assenza di ogni paura
Esortazione angelica
Ariel esorta ad abbandonare ogni esitazione, ogni inutile paura per accettare con fiducia se stessi e il proprio destino; invita a spendersi generosamente per tramutare in Luce l'oro che è concesso nella vita materiale; in benessere per tutti le scoperte ottenute nel campo della scienza.
Giorni e orari di Ariel
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Ariel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 22 febbraio, 6 maggio, 20 luglio, 2 ottobre, 13 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h.15.00 alle 15.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Ariel è il 9° versetto del Salmo 144: Suavis Dominus universis, et miserationes eius super omnia opera eius (Buono è il Signore verso tutti, e la sua misericordia è rivolta a tutte le sue opere).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell'introspezione psicologica. In questo caso la radice ayin-resh-yod risponde alla configurazione: "la Torre - il Giudizio - la Ruota della fortuna", da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: Chiede la Torre o Casa di Dio: (l'apertura, l'emergere di ciò che stava chiuso) con chi o con che cosa sto rompendo? da quale prigione mi sto liberando? quali energie si sbloccano dentro di me? quale gioia mi attende? chiede il Giudizio (nuova coscienza, desiderio irrefrenabile): cosa si sta risvegliando in me? quali sono i miei desideri irresistibili? che cosa stiamo creando insieme? qual è la mia posizione di fronte all'idea di formare una famiglia? chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? quali sono le mie opportunità? cosa mi aiuta? cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi blocca?  
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra l'8 e il 12 novembre. L'angelo Ariel appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall'Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (13-22 novembre) è sotto il supremo Arcangelo Metatron. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Ariel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita. 
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono i carabinieri vittime della strage del casello autostradale; i cittadini vittime della strage di via Ponticelli, e Vito Pipitone, segretario della Camera del Lavoro.