perché il semplice saperlo è un seme; se il terreno è pronto una verità che lo incontra vi si annida e inizia a germogliare

Nel nome del Signore, Dio d’Israel, sia Michael alla mia destra, Gabriel alla mia sinistra, dinanzi a me Uriel, dietro a me Raphael.

E sopra la mia testa la divina presenza di Dio. (preghiera ebraica)

sabato 26 febbraio 2011

Habuhiah, angelo 68, dei nati fra il 25 e il 29 febbraio


Habuhiah, o Habuwyah, è il 68esimo Soffio, quarto raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Marte. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 5° al 10° dei Pesci ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 25 e il 29 febbraio. I sei Angeli Custodi dei Pesci, collettivamente, fanno dei loro protetti creature di speciale sensibilità: grandi sognatori, ma non privi di senso della realtà, sono amabili, emotivi, ispirati, generosi, servizievoli e, quando sono realizzati, sanno sempre collaborare istintivamente, con ogni azione quotidiana, all'Opera Divina.
Il nome di Habuhiah significa “Dio che dona con liberalità”.



Il dono dispensato da Habuhiah è GUARIGIONE.

Questo angelo dispensa le energie di Marte, oltre a quelle della Luna proprie del suo Coro: favorisce dunque l'armoniosa fusione delle energie maschili e femminili. Con il Suo intervento, possiamo realizzare opere perfette. Le immagini che Egli depone nell’interiorità dei suoi protetti spingono a lavorare ottenendo successo dal proprio lavoro: l'abbondanza di risultati (economici, sentimentali, spirituali) si otterrà nel tipo di attività che la persona avrà scelto e, dove sarà lei, tutto diventerà vantaggioso e fruttuoso (a maggior ragione se si tratta di campi in cui è importante la fecondità, come l’agricoltura o l’allevamento di animali).
Dice Haziel che quando Habuhiah esercita il proprio influsso su una persona, questa ha una missione da compiere. Il soggetto in effetti viene mobilitato dal suo Ego (o dio interiore) affinché il suo Disegno affondi saldamente le sue radici nel quadro esistenziale in cui deve svilupparsi. Questo è un Angelo che rende intrepidi, che spinge ad amare le avventure. La sua eccezionale potenza fa esplodere i conflitti latenti: per la sua azione tutto viene portato in piena Luce e trova immediata soluzione. Gli ascessi scoppiano, le malattie si dissolvono, tutto si ripara, tutti recuperano la Salute e ritrovano la gioia di vivere. L’individuo non sarà del tutto cosciente di questa dinamica, anzi agirà secondo una logica razionale il cui significato gli sfugge pressoché per intero, ma portando ovunque intorno a sè riparazione e rinascita. L'influenza angelica si estende dalla salute delle persone (che aiuta a guarire e a tenere al riparo dalle malattie), alla manutenzione delle cose, alla fecondità nell'agricoltura e fra gli animali. Fra uomo e donna Habuhiah è fonte di grande armonia: la sua natura femminile infonde coraggio e potere nelle donne; le persone Habuhiah di sesso maschile, a loro volta, sono capaci di infondere forza alle donne in virtù della loro grande capacità di attaccamento, comprensività, fedeltà che fanno di loro dei potenti sostenitori e alleati delle donne stesse.
Habuhiah secondo Sibaldi
Nella radice heth-beth-waw c'è un' "attività interiore che non deve lasciarsi fermare". E secondo Sibaldi c'è anche la chiave per una "vita facile": purché rispettino un’unica, semplicissima condizione, gli Habuwyah si possono tranquillamente assicurare uno dei primi posti tra i favoriti della sorte. Basti dire che pochi sanno guadagnare e spendere meglio di loro. Nessuno è più bravo nel gioire di un proprio successo, e nel lasciarselo in brevissimo tempo alle spalle per cercarne di nuovi e più grandi. E poi l’impeto, e l’intuito, per non dire l’ispirazione, e – soprattutto – la curiosità e il coraggio di sostenere idee nuove sono, negli Habuwyah, massicci talenti innati che richiedono soltanto di essere messi in atto per fruttare abbondantemente e a lungo.
Per di più, questi beniamini del cielo cadono sempre in piedi, e non c’è sconfitta che li scoraggi; si ha addirittura l’impressione che nel loro vocabolario questa parola non esista affatto: quando qualcosa non va per il verso giusto, la intendono limpidamente e disinvoltamente come un suggerimento di invisibili potenze amiche, per migliorare la strategia. Divengono così vere forze della natura, indifferenti, superiori all’approvazione altrui. Nemmeno gli affetti possono rallentarli o distrarli: nella casa vedono soprattutto un luogo dove concentrarsi e recuperare energie; un amico è – deve essere – per loro soprattutto un buon interlocutore, meglio se affascinato dai loro ragionamenti. Se famigliari e aspiranti amici si adattano a tali esigenze, bene; se no, agli Habuwyah non potrebbe importare di meno: il loro tempo è troppo importante perché lo perdano a rimpiangere qualche affetto perduto, e le loro fortune appaiono loro anche più significative se possono dedicarsi totalmente a costruirsele. L’unica condizione indispensabile, dalla quale dipende tutta questa splendida compattezza e attività, è che adoperino generosamente la specialissima Energia “terapeutica”, di cui sono dotati più di chiunque altro. Nella maggior parte dei casi, ciò significa che un Habuwyah potrà aspettarsi magnifiche realizzazioni in qualsiasi attività direttamente o indirettamente connessa con la medicina, o comunque sia con la riparazione di danni e guasti. Chirurghi o meccanici, farmacisti o restauratori, biochimici, veterinari o specialisti nella ristrutturazione di aziende: non importa chi o che cosa curino, ma è essenziale che per diverse ore al giorno e per almeno cinque giorni alla settimana si accorgano della profonda compassione che i dispiaceri altrui suscitano nel loro animo, e non resistano all’impulso di trasformarli in altrettante sfide da vincere a ogni costo. In casi meno frequenti, e anch’essi regolarmente coronati da successo, gli Habuwyah sono guidati dal destino a carriere teatrali o cinematografiche, come Goldoni o Caruso, Rossini ed Elizabeth Taylor. Oppure a carriere politiche, nelle quali invece di un palcoscenico si offra loro un podio; invece di copioni, discorsi da pronunciare con passione; e invece di danni a singoli individui o a cose, malattie di intere nazioni da diagnosticare e curare. Così avvenne per lo Habuwyah Yitshak Rabin. Ma attenzione! Occorre sempre ripeterlo a chi dispone di Energia Yod – e agli Habuwyah soprattutto, i quali non dispongono, né necessitano di alcuna altra dote: se non curano, non riparano, non recitano o non si assumono la responsabilità del bene dei loro concittadini, le conseguenze possono essere disastrose. L’Energia “terapeutica” è notoriamente inquieta e terribile. Chi la possiede e la reprime, irradia malessere o si ammala con grande facilità, o nel migliore dei casi ha la sensazione di vivere molto al di sotto delle proprie possibilità, come se si limitasse egli stesso da ogni parte per esserci ed esprimersi il meno possibile, come se temesse (e del tutto a ragione) che dalle sue azioni o dai suoi desideri possa derivare qualche guaio. Ma, fortunatamente, nei protetti di questo Angelo ciò avviene di rado: un Habuwyah che non abbia subito traumi gravissimi tende a trovare sempre, nel suo lavoro, il modo per rimediare a qualcosa che non va. Se, per esempio, è uno scrittore, come Hugo o Steinbeck, sarà attratto da mali sociali e gioirà nel denunciarli, sconfinando volentieri nell’attività pubblica. Se è un filosofo, come Rudolf Steiner, si prenderà cura delle convinzioni e degli orientamenti culturali della sua epoca proprio come un epidemiologo si occuperebbe di un Paese in cui imperversi una malattia: riterrebbe suo dovere curare, riattivare, rieducare, prescrivere diete e regole di vita sana, e avrebbe inoltre la tendenza - per la quale Steiner, appunto, andava celebre - a sviluppare le proprie teorie parlandone da un palco, in pubbliche conferenze, in modo che anche la funzione teatrale della sua Energia Yod trovi applicazione. Mentre gli Habuwyah che per mancanza di fiducia in se stessi non sono riusciti a consacrarsi alla propria vocazione e a farne un lavoro, dovranno assolutamente contare sul tempo libero per rimediare: dedicarsi al volontariato, alla beneficenza o a un appassionato amore per le piante o per gli animali. Oppure potranno sposare un medico, un attore, un politico: e perlomeno contribuiranno, con la propria Energia “terapeutica”, al successo del coniuge.
Qualità di Habuhiah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Habuhiah sono dolcezza, profondità; protezione dalle malattie e capacità di portare salute e guarigione; successo in tutto ciò che attiene all'ambiente e al mondo agricolo (campi, foreste, eccetera). Ricchezza interiore. Spirito socievole e gentile; generosità e saggezza. Abbondanza di raccolti (materiali e spirituali); amore per tutto quello che è connesso alla natura.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Habuhiah si chiama Cléraka e rappresenta le attività vane e il rimpianto. Provoca l'indecisone e la confusione nei sentimenti; carestia, fallimenti, sterilità e gravidanze interrotte, favorisce il diffondersi degli insetti e delle malattie nocive alle piante.
Meditazione associata al Nome: stabilire un contatto con le anime trapassate
La meditazione associata ad Habuhiah si chiama "stabilire un contatto con le anime dei miei cari". Secondo la Kabbalah infatti questo Nome fornisce lo strumento meditativo più efficace a stabilire un contatto con le anime delle persone che abbiamo amato e che non sono più con noi.
L'intuizione profonda cui dobbiamo attingere è che lasciando questa vita l'anima non si dissolve ma ascende a livelli superiori di esistenza i quali sono di maggiore realtà dell'esistenza materiale stessa: come se, nella condizione che noi chiamiamo "dei vivi", fossimo in realtà in parte morti, in quanto profondamente dormienti, mentre dopo la "morte" siamo vivi pienamente. Ma tale ascensione può essere bloccata o ostacolata dal retaggio di azioni commesse durante l'incarnazione appena vissuta. Questo Nome aiuta l'ascensione dei nostri cari e, grazie all'aiuto che forniamo loro, essi possono aiutarci a loro volta nel cammino che stiamo facendo. Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: evoco la memoria dei miei cari che ho perduto. Li vedo circondati dalla luce di questo Nome. Medito per elevare le loro anime a livelli sempre più elevati nei mondi spirituali. Mi apro a ricevere la loro guida e il loro sostegno.

Esortazione angelica
Habuhiah esorta ad amare se stessi, coltivando la propria gioia e la propria salute per poter essere di aiuto al mondo.

Giorni e orari di Habuhiah
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Habuhiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 16 marzo, 29 maggio, 12 agosto, 24 ottobre, 4 gennaio; ed egli governa, ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 22.20 alle 22.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Habuhiah è il 1° versetto del Salmo 105: Confitemini Domino, quoniam bonus, quoniam in saeculum misericordia eius (celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia).

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, dunque la radice (hé-beth-waw) di questo Nome (invertendo la posizione delle lettere della radice) risponde alla configurazione: "l'Innamorato - la Papessa - il Papa",
da cui la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede l'innamorato (l'androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): quali scelte devo operare? in quali relazioni mi trovo coinvolto? qual è il mio stato emozionale? chiede la Papessa: (gestazione, accumulo) che cosa nascondo? cosa sto accumulando? cosa devo studiare? in quali rapporti sono con mia madre? chiede il Papa: (l'ideale, il ponte, il mediatore) che cosa comunico agli altri e con quali mezzi? ho un ideale?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 25 e il 29 febbraio. L'angelo Habuhiah appartiene al Coro degli Angeli Angeli guidato dall'Arcangelo Gabriele, il quale governa anche questa decade in particolare (20-29 febbraio), mentre il segno dei Pesci nel suo complesso cade invece sotto il potente influsso dell'Arcangelo Metatron.
Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Habuhiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Spartaco Lavagnini, sindacalista, e Roberto Scialabba, cittadino.

lunedì 21 febbraio 2011

Eyael, angelo 67, dei nati fra il 20 e il 24 febbraio


Eyael, o ’Ay‘a’el, è il 67esimo Soffio, terzo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Giove. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 0° al 5° dei Pesci ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 20 e il 24 febbraio. I sei Angeli Custodi dei Pesci, collettivamente, fanno dei loro protetti creature di speciale sensibilità: grandi sognatori, ma non privi di senso della realtà, sono amabili, emotivi, ispirati, generosi, servizievoli e, quando sono realizzati, sanno sempre collaborare istintivamente, con ogni azione quotidiana, all'Opera Divina.
Il nome di Eyael significa “Dio delizia dei bambini e degli uomini”.
Il dono dispensato da Eyael è TRANSUSTANZIAZIONE e TRASFORMAZIONE.
Questo angelo domina ogni processo di trasformazione: i cambiamenti, le mutazioni, le metamorfosi, negli eventi, nelle personalità, nella Natura. Dona amore per la solitudine; saggezza e ispirazione superiore; inoltre particolari talenti artistici, specie legati alla pittura e alla musica, e anche attitudine a cucinare, cioè alla trasformazione del cibo. Ispira lo studio delle alte scienze e della storia universale. Riguardo alla nostra evoluzione, sapersi trasformare significa in primo luogo scoprire ciò che in noi più ci inquieta o ci turba, comprenderlo e accettarlo. Con l’accettazione c'è l'inizio della trasformazione; per l'impulso di Eyael ogni nostra debolezza può essere trasformata nel nostro miglior punto di forza; la nostra energia si espande e la nostra azione trasforma positivamente il mondo. Secondo Haziel questo Angelo ha il compito di esteriorizzare in termini completi i sentimenti, attraverso il cui filtro l’individuo farà passare ogni cosa; la sua vita sentimentale ne risulterà molto stimolata, e l'azione dell'angelo si potrà manifestare anche attraverso un gran numero di vicende amorose. Queste saranno in genere di breve durata, ma poiché i protetti di Eyael recano in sè il Messaggio Divino, gli episodi che tramite loro condurrano a un mutamento saranno legati a circostanze da leggere in chiave nettamente favorevole. Attraverso i propri amori, dunque, i protetti da questo angelo cambiano il mondo facendo cessare situazioni stagnanti, stimolando energie nuove e promuovendo l'amore per cause positive. Secondo la Tradizione Eyael dona lunga vita sia agli esseri umani sia ai monumenti, che conserva nel miglior stato possibile affinché la saggezza venga tramandata di generazione in generazione; il suo campo d'influenza si estende inoltre a tutti gli studi esoterici, filosofici e di carattere spirituale.
Eyael secondo Sibaldi
Nella radice "aleph-yod-ayin" del Nome’Ay‘a’el si cela il concetto del vedere "al di là delle apparenze". Dice Sibaldi che a causa di questa "visuale" gli Eyael hanno assoluta necessità di una sommità sulla quale svettare in solitudione: il loro sguardo deve poter spaziare libero su tutto l’orizzonte, a tu per tu con il cielo. Da lassù i guai, i pensieri, i progetti di tutti (anche i loro stessi) appaiono talmente piccoli da sorriderne; e solo le altre vette, lontane, sembrano meritare attenzione. George Washington scolpito sul picco del Monte Rushmore: ecco un ’Ay‘a’el perfettamente realizzato, immortalato nell’espressione e nel luogo a lui più congeniali. O anche Copernico, che medita sul sistema solare voltando le spalle alla terra che non lo capisce; o Chopin che, lontano dalla Polonia, cesella metafisici valzer, vertiginosamente inadatti a chi voglia ballare: anche questi furono ’Ay‘a’el fedelissimi alla consegna. Ma altrettanto profonda, in tutti gli ’Ay‘a’el, è l’esigenza di scendere e comunicare, agli altri mortali, almeno un po’ di ciò che si impara là in cima. Senza grande entusiasmo, è vero, e soprattutto senza aspettarsi gran che dalla valle, ma un loro senso del dovere sociale non li lascerebbe in pace se tentassero di fare soltanto i solitari.. E tutta la loro sorte dipende dall’equilibrio che riescono a stabilire tra queste direzioni dell’animo. Non è facile, e molti non reggono. A valle si sentono invischiati, soffocati, incompresi: in parte lo sono davvero; in parte architettano loro stessi, senza accorgersene, situazioni che li deludano e che giustifichino il loro ritorno sulle amate vette, via dalla gente che non merita. Dispongono, a tale scopo, di un loro repertorio di tecniche infallibili: possono per esempio eccedere nell’idealismo, e misurare tutti quanti (anche i famigliari) con un metro troppo severo; oppure esagerano nella generosità, per poi potersi sentire mal ripagati; o anche, nei casi più drammatici, riescono a boicottare le loro stesse realizzazioni, a mandare in rovina un’opera notevole o una carriera – appunto perché li faceva sentire troppo imprigionati nel mondo consueto. La loro congenita incapacità di ascoltare le critiche li asseconda perfettamente, in tale specie di perversioni. Fu per questa via che l’imbronciato, sdegnosissimo ’Ay‘a’el Arthur Schopenhauer arrivò a teorizzare la ragionevolezza del suicidio come metodo per sottrarsi alle illusioni e alle inerzie del mondo. E nel brusco finale di carriera dell’’Ay‘a’el Bettino Craxi ebbe una parte notevole, io credo, anche un irresistibile impulso alla fuga, da ’Ay‘a’el esasperato. Anche la sua scelta della Tunisia come luogo d’esilio è, quanto a questo, significativa: non è necessario che una vetta sia proprio in montagna, a volte basta che sia semplicemente a distanza, e che guardando verso l’orizzonte si veda lontano – come là in Tunisia, tra i deserti e il mare. Frequenti, purtroppo, tra gli ’Ay‘a’el di minore respiro sono anche altre «vette» più facilmente raggiungibili: alcol, droga. Peter Fonda era nato il 23 febbraio: e i motociclisti del suo film Easy Rider erano molto ayaelici, i loro chopper erano modelli tecnologici di vette semoventi, con lo scintillio, come di nevi, dei tubi cromati, e tutt’intorno le sconfinate highways; è triste, ma in perfetta coerenza con il suo Angelo, il fatto che poi Peter non abbia più fatto nulla: come se più di tanto non fosse necessario, per uno che ama stare da solo. Oltre ai narcotici e agli eccitanti, gli ’Ay‘a’el possono scegliere come forma di isolamento dal mondo anche la depressione: Johnny Cash, per esempio, uno dei massimi cantanti country statunitensi, riuscì a collezionare tutte e tre le varietà di guai; fu una reazione, si disse, ai traumi dell’adolescenza e a un amore infelice: ma è altrettanto probabile che fosse semplicemente fretta e approssimazione nel trovare sollievo ai bisogni che il suo Angelo gli aveva assegnato. Un po’ di equilibrio, ripeto, un po’ di pazienza: è tutto lì il segreto perché la vita sorrida a questi eremiti a metà. Un buon punto di equilibrio può essere, per loro, una qualsiasi forma di podio: il palcoscenico d’un teatro, un ufficio da dirigente, o una cattedra – universitaria possibilmente, poiché gli ordini di scuole inferiori impegnano troppo; e meglio di tutto in filosofia: l’’Ay‘a’el Benedetto Croce vi si trovò comodissimo, per decenni. Anche un pulpito può fare al caso, tanto più che raramente gli ’Ay‘a’el sono tagliati per il matrimonio e la paternità; o una passione costante per qualche mistica illustre e raffinata; o anche soltanto un’automobile un po’ più ricercata, che li faccia sentire speciali nel traffico urbano o nell’irrimediabile banalità di un’autostrada. In mancanza d’altro, anche un senso imperterrito della propria dignità può bastare – purché, certo, sia garantito un weekend contemplativo, dovunque sia ma lontano e in silenzio.
Qualità di Eyael e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Eyael sono la capacità di trovare il buono in ogni cosa, generosità di sentimenti, consolazione, gusto per l’elevazione e l’evoluzione spirituale; saggezza, erudizione, illuminazione divina, comprensione dell’aspetto sconosciuto dell’Opera di Dio, cambiamenti, longevità.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Eyael si chiama Gagalim e rappresenta l'oscurità e tutti gli inganni che discendono dalla mancanza di luce. Causa pregiudizi, imbrogli, visione ingannevole, diffusione di convinzioni errate e di sistemi erronei sia nel campo spirituale sia scientifico.
Meditazione associata al Nome: Grandi aspettative
La meditazione associata a Eyael si chiama "grandi aspettative" Secondo la Kabbalah, infatti, la sua vibrazione fornisce lo strumento meditativo più efficace a coloro che si aspetterebbero di più dagli amici, da familiari o dalla vita stessa, ma vedono risultati che non ritengono all'altezza delle loro aspettative, oppure se ne sentono delusi, in quanto non abbastanza corrisposti.
L'intuizione profonda cui dobbiamo attingere è che è necessario bandire le aspettative come ragioni delle nostre azioni: la nostra vita deve essere retta a prescindere dal guadagno che possiamo trarre dalle nostre buone azioni, compresi i guadagni spirituali. Ogni nostra azione deve essere volta al Bene, sempre, a prescindere dal frutto ed è proprio così, non aspettandoci assolutamente niente, che avremo il miglior esito delle nostre azioni nella nostra stessa vita; non importa come e quando; l'importante è non cadere nello scoramento a causa del perdurare delle nostre aspettative. Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: in virtù di questo Nome ora controllo il potere del tempo nella mia vita. Non chiederò di più per domani ma apprezzo ciò che già ho, nell'oggi. Bandisco ogni falsa aspettativa e cerco di far emergere il valore di ciò che ho e di ciò che sono, proprio adesso.


Esortazione angelica
Eyael esorta a sviluppare una volontà decisa e a non temere la solitudine: anzi, ad affidarsi ad essa per trovare quell'appagamento spirituale che più di ogni altra cosa può soddisfare la natura umana. Rinunciando apparentemente a qualcosa (e fra le varie cose alle proprie paure) si farà lo spazio necessario per ottenere qualcosa di più vero e prezioso.
Giorni e orari di Eyael
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Eyael è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 15 marzo, 28 maggio, 11 agosto, 23 ottobre, 3 gennaio; ed egli governa, ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 22.00 alle 22.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Eyael è il 4° versetto del Salmo 36: Delectare in Domino, et dabit tibi petitiones cordis tui (deliziati nel Signore, ed Egli esaudirà i desideri che hai nel cuore).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, dunque la radice (aleph-yod-ayin) di questo Nome (invertendo la posizione delle lettere della radice) risponde alla configurazione: "la Torre o Casa di Dio - la Ruota- il Mago"
da cui la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: Chiede la Torre o Casa di Dio (l'apertura, l'emergere di ciò che stava chiuso): con chi o con che cosa devo rompere? da quale prigione mi sto liberando? quali energie si sbloccano dentro di me? quale gioia mi attende? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? quali sono le mie opporunità? cosa mi aiuta? cosa sto ripetendo? quale enigma emozionale mi blocca? chiede il Mago (l'inizio, la scelta): che cosa sto cominciando a fare? che cosa sto scegliendo? come posso canalizzare la mia energia?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 20 e il 24 febbraio. L'angelo Eyael appartiene al Coro degli Angeli Angeli guidato dall'Arcangelo Gabriele.
il quale governa anche questa decade in particolare (20-29 febbraio), mentre il segno dei Pesci nel suo complesso cade invece sotto il potente influsso dell'Arcangelo Metatron.
Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Eyael. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono Valerio Verbano, studente, e Rosario Scalia, guardia giurata.

mercoledì 16 febbraio 2011

Manakel, angelo 66, dei nati fra il 15 e il 19 febbraio


Manakel, o Manaqel, o Manaqe’el, è il 66esimo Soffio, secondo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Saturno. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 25° al 30° dell'Acquario ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 15 e il 19 febbraio. I sei Angeli Custodi dell'Acquario, collettivamente, ispirano ai loro protetti amore per la natura, idealismo, apertura mentale, interesse per le innovazioni.
Il nome di Manakel significa “Dio che asseconda e sostiene ogni cosa”.

Il dono dispensato da Manakel è CONOSCENZA.
Questo angelo domina ogni forza di vegetazione ed esercita forte influenza sul sonno e sui sogni. Manakel imprime la Legge (dall'energia saturnina che gli è propria) nel Centro delle Immagini (cioè nella dimensione dell'immaginario e della comunicazione, propria dell'energia lunare dell'Arcangelo Gabriele che domina il suo Coro). Il suo protetto ha il dono di una modestia e una serietà che gli farà guadagnare la fiducia e la simpatia da parte di tutti: infatti le persone non lo vedranno come un rivale, semmai come un alleato. Egli sarà dunque spinto verso situazioni stabili nelle quali si renderà utile in modo permanente (che sia in una casa o in un luogo di lavoro). I Manakel sono ottimi amministratore di beni, amano la famiglia, rispettano l'autorità.
Dice Haziel che Manakel stimola il felice e precoce manifestarsi delle personalità femminili. Per sua grazia, infatti, tutto ciò che intraprenderà l’individuo recherà, implicitamente o concretamente, un marchio direttoriale, ma in una particolare connotazione: se la persona in soggetto è di sesso femminile sarà destinata a dirigere, mentre se è uomo sarà diretto da una donna. Sarà l'energia lunare dispensata da Manakel ad accordare stabilità ai ruoli direttivi assunti dalle donne; intendendo con stabilità anche la facilità di trovarne uno nuovo qualora si desideri cambiare ruolo. Per la stessa energia, tramite la Preghiera a Manakel, sarà possibile trovare lavoro in tempi brevi nonostante eventuali influenze negative esplicate dall’Angelo dell’Abisso. Questo Angelo trasmette Leggi concernenti le costruzioni, influenza dunque il fenomeno dell’edificazione in generale, mettendo nella sua sfera soprattutto gli ingegneri; ma anche tutti i professionisti legati ai settori delle costruzioni e della meccanica. L'amore per la giustizia dei Manakel, però, potrà fare di loro anche valenti Giudici o Magistrati.
Le funzioni di quest'angelo sono anche di potente intercessore: può portare la guarigione dall'epilessia, e se invocato ottiene il perdono divino rispetto a eventuali attive azioni commesse.
Manakel secondo Sibaldi
Nella radice del Nome si cela il concetto: "Io comprendo la realtà e le sue forze": e infatti, anche secondo Sibaldi i protetti di quest’Angelo si trovano sempre un po’ più in là di dove si pensa che siano. I loro pensieri non soltanto corrono veloci, ma a qualunque conclusione decidano di fermarsi, si accorgono di averla già superata. Perfino i loro sentimenti hanno la strana proprietà di diventare l’oggetto di se stessi: quando un Manaqe’el ama, è attratto e intenerito dal proprio amore tanto quanto lo è dalla persona amata; se detesta qualcuno, detesta ancor di più il fatto di detestarlo. E allo stesso modo, se osserva se stesso, osserva soprattutto il proprio osservare; se analizza gli altri, analizza al tempo stesso le proprie analisi, e così via: come se avesse incorporata una cabina di regia, che trasforma ogni attimo della realtà in un’inquadratura. Questo suo specialissimo grado di consapevolezza non ha, tuttavia, l’effetto di renderlo artificioso: proverà sì, spesso, la sensazione di star recitando, ma come reciterebbe un grande attore che metta tutto di sé nel proprio personaggio. D’altra parte, grande motivo di meraviglia è, fin dall’infanzia dei Manaqe’el, l’accorgersi di come la maggioranza degli altri, grandi e piccoli, non sappiano di recitare anch’essi nella vita, e non si fermino ogni tanto a cercare il regista per discutere un po’ il copione. Durante l’adolescenza il Manaqe’el cerca invano di rivolgersi agli altri dietro le loro quinte; e durante la giovinezza impara (ed è solitamente un periodo triste) a rassegnarsi all’evidenza: il mondo è uno spettacolo che gli attori potrebbero cambiare in ogni istante, se i loro ruoli e gli scenari non li incatenassero – e li incatenano solo e appunto perché essi pensano siano veri. Poi, dal modo in cui il Manaqe’el reagisce a questa sconsolante scoperta, vengono a dipendere tutte le scelte della sua vita. Alcuni Manaqe’el tentano, ancora per un po’, di destare il prossimo da quell’incantesimo teatrale. Fu così per Galileo, che con il suo libro Sidereus nuntius (Il messaggero delle stelle, titolo molto manaqeliano) tentò di diffondere nell’intormentita Italia della Controriforma le nuove immagini delle quinte del sistema solare; ne ebbe molti guai e, processato dall’Inquisizione, preferì lasciar perdere: giustamente, non gli andò a genio la prospettiva di venir bruciato come eretico sul palcoscenico dell’oscurantismo, solo per permettere ad altri di recitare il personaggio del boia. Altri Manaqe’el scelgono l’arte, o la psicologia: si dedicano allora allo studio appassionato delle maschere e dei volti, alla ricerca di quella verità dell’anima di cui, da bambini, avevano visto ovunque la mancanza; e possono riuscire ottimamente in questo compito: ad esempio quando – come avvenne a Fabrizio De André – li anima la compassione verso chi è a un passo dallo scoprire quella verità, ma non trova il coraggio di compierlo. Qualche Manaqe’el cerca ancora più lontano: invece della coscienza e del cielo indaga l’Aldilà, i territori ignoti della psiche – e viene aiutato in ciò da certi doni particolari, talenti di veggenza e medianità, del tutto simili a quelli degli Angeli della Soglia, i due La’awiyah di maggio e giugno. Il suo scopo, anche allora, sarà certamente quello galileiano di offrire punti d’osservazione nuovi e più vasti, di scostare vecchie certezze come si scosterebbe un fondale dipinto. Ma più numerosi sono i Manaqe’el che, come Galileo da vecchio, lasciano i contemporanei al loro destino: il malessere altrui continuerà a rattristarli sempre, ma imparano a ripararsi dal rammarico con robuste corazze, fatte di lucido realismo e di ironia. Sviluppano allora le altre qualità caratteristiche del loro Angelo: l’oculatezza nello scegliersi amici e colleghi, la nettezza dei giudizi, l’autonomia di pensiero, la chiarezza interiore (è pressoché impossibile trovare un Manaqe’el che non vada d’accordo con se stesso) e l’abilità nell’intuire le esigenze altrui, specialmente quelle di chi comanda, e di adeguarvisi senza eccessivo sforzo. Tutto ciò potrà garantire loro un’esistenza eccellente e un buon successo economico, specie se a un certo punto decideranno di lavorare in proprio – così da non dover sottostare sempre a copioni altrui. Ma rimarrà nel cuore un senso di insoddisfazione, un’inquietudine molto simile a un rimorso, al pensiero di non aver detto e non aver fatto abbastanza per scuotere il prossimo dal torpore. A volte tale inquietudine esplode, nei Manaqe’el, in vampate di collera: celeberrime quelle del campione di tennis McEnroe; altre volte si cristallizza in un’espressione perennemente imbronciata, come nel cardinale Carlo Maria Martini; altre volte ancora, degenera in periodi di solitudine e malinconia. Allora è la creatività a salvarli: nulla li ritempra come il piacere della velocità mentale con cui si plasmano storie e forme per l’arte, e mondi interi in cui ambientarle – non importa se più brutti o più belli del nostro, ma perlomeno esplicitamente immaginari, mentre il nostro è solo implicitamente tale. Meglio ancora se nelle loro opere compariranno vicende di persone oppresse, infelici, che cerchino e magari trovino protezione, salvezza o riscatto dalle dense illusioni della loro realtà. Il sogno segreto dei Manaqe’el sarebbe quello di salvare davvero persone simili nella vita quotidiana, di proteggerle, educarle, guidarle; se lo realizzassero, ne trarrebbero immensa gioia e serenità. Ma per arrivarci dovrebbero rimediare alle vecchie delusioni della loro infanzia e adolescenza, allo sdegno che ha suscitato in loro la cortezza delle menti e degli animi altrui; e l’amarezza che ne è scaturita è di solito troppo profonda, nei Manaqe’el, perché la si possa colmare.
Qualità di Manakel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Manakel sono apertura e benevolenza verso gli alri, buon carattere, stabilità; senso di Giustizia, capacità di discernere fra il Bene e il Male.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Manakel si chiama Agibol e rappresenta violenza e senso di colpa. Causa l'antipatia e tutte le cattive qualità, sia fisiche sia morali.
Meditazione associata al Nome: Responsabilità
La meditazione associata a Manakel si chiama "responsabilità". L'intuizione profonda che ci può dare è che per sua natura l'esistenza è fonte di dolore ma che davanti alle ferite noi possiamo reagire aggrappandoci alla sofferenza oppure, confidando nel disegno divino, accelerare la guarigione ritrovando fiducia. Secondo la Kabbalah le lettere di questo Nome emanano l'energia capace di configgere l'autocommiserazione.
Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: comprendo che ogni evento ha una ragione e respingo ogni inclinazione all'autocommiserazione, alla rivalsa e alla vendetta. Percepisco che ciascuno di noi è artefice della propria vita e che da questo istante posso cambiare il corso della mia esistenza; quindi medito il cambiamento, adesso.


Esortazione angelica
Manakel esorta adandare oltre a ciò che si vede; a comprendere la vita che si cela sotto le forme materiali. Invita a coltivare la capacità di leggere nei sogni e di distinguere fra Bene e Male, per metterle al servizio del mondo.
Giorni e orari di Manakel
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Manakel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 14 marzo, 27 maggio, 10 agosto, 22 ottobre, 2 gennaio; ed egli governa, ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 21.40 alle 22.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Manakel è il 22° versetto del Salmo 37: Ne derelinquas me, Domine, Deus meus, ne discesseris a me (non abbandonarmi, Signore, Dio mio, da me non stare lontano).


Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, dunque la radice (mem-nun-qoph) di questo Angelo (invertendo la posizione delle lettere della radice) risponde alla configurazione: "il Sole - la Temperanza - la Morte"
Da questo si può trarre la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede il Sole (archetipo paterno, nuova costruzione): cosa mi dà energia, piacere, successo? sono amato? costruisco qualcosa di nuovo? quale immagine ho di mio padre?chiede la Temperanza (protezione, cirolazione, guarigione): cosa mi protegge? quale raporto devo mantenere con me stesso? che cosa devo curare? chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual'è la mia ira? cosa deve morire in me? cosa devo lasciar andare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 15 e il 19 febbraio. L'angelo Manakel appartiene al Coro degli Angeli Angeli guidato dall'Arcangelo Gabriele.
A questa decade in particolare (10-19 febbraio), sovrintende poi l'Arcangelo Michele, mentre al segno dell'Acquario sovrintende complessivamente l'Arcangelo Raziel. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Manakel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco; infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono: Pierluigi Torregiani, gioielliere; Luigi Marangoni, direttore sanitario, Federico Del Prete, sindacalista; Pietro Macchiarella, cittadino.

venerdì 11 febbraio 2011

Damabiah, angelo 65, dei nati fra il 10 e il 14 febbraio

Damabiah, o Damabiyah, è il 65esimo Soffio, primo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Urano. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 20° al 25° dell'Acquario ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 10 e il 14 febbraio. I sei Angeli Custodi dell'Acquario, collettivamente, ispirano ai loro protetti amore per la natura, idealismo, apertura mentale, interesse per le innovazioni.

Il nome di Damabiah significa “Dio fonte di saggezza”.


Il dono dispensato da Damabiah è SAGGEZZA ILLIMITATA.
Nel Testo Tradizionale Damabiah è indicato come Fonte di ogni Saggezza che trasmette al suo protetto un flusso continuo che, nell’animo di quest’ultimo, diventa Amore e si esprime all’esterno sotto forma di Bontà. Combatte i sortilegi, le maledizioni e le maldicenze. Se agisce come Custode trasforma costantemente il Male in Bene proteggendo il suo assistito da ogni cattiveria o negatività. i suoi nemici urteranno contro un invisibile muro protettivo.
Dona ricchezza e fortunato esito nelle attività aventi attinenti all'Acqua (sorgenti, fiumi, mari) e ai Sentimenti. Dice Haziel che Damabiah dispone di una sorta di tubo catodico capace di captare, nell’area che circonda i suoi protetti, tutto ciò che è affine alla loro struttura mentale, e di metterlo a disposizione della persona stessa: di conseguenza, allorché l'angelo è attivo (perché custode o perché invocato), il soggetto si sentirà lieto in seno a un gruppo di amici, ove lavorerà sereno, in un sodalizio caratterizzato da serena convivialità; il lavoro d'équipe porterà a risultati decisamente positivi. Un problema può nascere se la persona va alla ricerca per deliberato proposito di esperienze individuali, ma al contempo si vede costretta a lavorare (anzi, a vivere) nell’ambito di una comunità: in tal caso l'esito sarà meno brillante, giacché diventerà operativo un influsso in apparenza simile, ma in realtà diametralmente opposto (quello cioè esercitato dall’Angelo dell’Abisso). La persona sarà portata a meditare sul significato delle cose e degli eventi e dunque a professioni quali il docente, il filosofo, l’inventore.
Damabiah secondo Sibaldi
Nella radice del nome c'è il concetto: "Ciò che posso dare è chiuso in casa". La persona Damabiah è spesso come una bellissima nave ferma al molo: potrebbe salpare, anzi dovrebbe, e al più presto, perché non c’è nulla qui intorno che le possa servire, mentre al di là dell’orizzonte troverà terre nuove e ricchezze. Ma per qualche strano incantesimo la nave rimane qui: il capitano ha terrore dei naufragi e, neanche a farlo apposta, tutte le volte che la nave si è avventurata al largo c’è stato qualcosa che non andava, ed è dovuta tornare precipitosamente. I mesi, gli anni passano. La nave rischia di diventare un monumento alle occasioni perdute, un monito a chiunque la veda: «Non fate come me!» E l’equipaggio vive di piccoli lavori nei docks e negli uffici del porto. Somiglia a un incubo, sì. E i Damabiyah lo conoscono bene, proprio come i loro quasi gemelli, gli Yeyay’el dei Troni. Sia gli uni sia gli altri devono o hanno dovuto superare quell’incantesimo, per scoprire le loro autentiche qualità e possibilità immense. E che cosa fa più paura: uscire dal porto e abbandonare tutto ciò a cui si era fatta l’abitudine, oppure reggere all’emozione che suscitano il mare profondo, l’orizzonte piatto, la notte senza luci umane intorno? Per i Damabiyah, questa scelta diventa facilmente motivo di panico. Ma la profondità e l’immensità che tanto li terrorizzano sono, naturalmente, in loro stessi: il mare è soltanto l’immagine delle loro potenzialità e della potenza dei loro sentimenti – che sentono essere sconfinate – e del loro meraviglioso desiderio di libertà, che, non appena vi pensano, sembra accelelerare in loro come l’inerzia di chi stia precipitando. Non osano fidarsene, e non per viltà, si badi, ma per una specialissima forma di avarizia. Il fatto è che non vogliano spendersi. Amano troppo se stessi: le acque del porto sono per i Damabiyah come lo specchio d’acqua in cui si contemplava Narciso. In alto mare e in altri continenti – negli occhi di altra gente, nel cuore di qualcun altro – troverebbero magari molte cose interessantissime, ma dovrebbero rinunciare a quelle infinite sfumature di tenerezza che provano a casa loro, quando contemplano i propri occhi, il proprio cuore, nella loro cornice consueta: le abitudini, la famigliola, gli amici… «Chi si volta indietro non è degno del Regno dei cieli», ammoniva Gesù. I Damabiyah lo sanno, e sospirano in porto.
Abilissimi nel costruirsi appositamente lacci e ricatti, possono elencarvi mille motivi per non partire. Incostanza, voglia di raccoglimento, ripugnanza per la praticità, stravaganze, volubilità, insufficiente approvazione e incoraggiamento da parte di parenti o maestri, manie, superstizioni, rancori, sensi di colpa, doveri, affetti, crediti, debiti, promesse… Ma sono soltanto pretesti. E c’è di peggio: per impedirsi di uscire in mare ricorrono anche ai plagi, proprio come gli Yeyay’el, e sono altrettanto bravi nello scegliersi partner che li incatenino. Mobilitano al contempo tutta la loro agilissima, cavillosa e testarda intelligenza, per non lasciarsi aprire gli occhi da nessuno sul danno che stanno facendo a se stessi.
In compenso, durante la loro vita in porto possono diventare ottimi arredatori, cultori della tradizione ed esperti di tutti i meandri dell’anima domestica o addomesticata. Tra i più celebri Damabiyah non salpati si annoverano Boris Pasternak, che nel Dottor –ivago narra appunto di un eroe che non seppe salire sulle navi che gli offriva il destino; Georges Simenon, con la sua splendida galleria di crimini fatti in casa, di case-trappole mortali, di vite vissute e distrutte tra i muri; Edison, che guarda caso inventò proprio l’oggetto che sarebbe divenuto più indispensabile nelle case di tutto il mondo, la lampadina elettrica, e varie altre apparecchiature celebri come il fonografo, il telegrafo duplex e il microtelefono, che hanno reso i nostri porti personali un po’ più ameni e hanno permesso di comunicare con il resto del mondo senza doverne per forza uscire. I Damabiyah, invece, che sono riusciti a spezzare la propria linea d’ombra e a prendere il largo, mostrano spesso la tendenza a distruggere qualche simbolo di prigionia, di immobilismo, come per celebrare meglio la propria vittoria sulla parte di se stessi che avrebbe voluto restare: così, il Damabiyah Abramo Lincoln, che scatenò una guerra civile per abolire la schiavitù; o Brecht, che per tutta la vita lottò contro gli aspetti damabiani della società capitalistica; e soprattutto Darwin, che per elaborare le sue teorie decise di salpare (guarda caso!) per un viaggio attorno al mondo, e in cinque anni di navigazione escogitò per l’appunto la dottrina dell’evoluzione, cioè dell’universale necessità di non fermarsi a quel che già si ha e si è. Lincolniani, brechtiani e darwiniani, a quel che ho potuto constatare, sono in un modo o nell’altro tutti i Damabiyah che abbiano saputo scoprire la profondità delle passioni e l’odio dei limiti: che ci siano riusciti rompendo con la famiglia, o divorziando, o licenziandosi da un lavoro che li abbruttiva, una volta spiegate le vele si fanno un dovere di predicare su grande o su piccola scala la liberazione da qualcosa. Sono magnifici insegnanti, godono nell’essere esempi, hanno la vocazione del Principe Azzurro: e il mondo è talmente pieno di Belle Addormentate.
Qualità di Damabiah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Damabiah sono saggezza e diplomazia, anelito alla conoscenza; tendenza all'approfondimento. Spontaneità e vivacità di spirito, intuizione dei Mondi Superiori, amore e rispetto per l’Acqua.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Damabiah si chiama Elaphon e rappresenta i sortilegi e l'incredulità. Ispira tempesta e naufragio emozionali e fisici, confusione dei sentimenti. Causa tutto ciò che di dannoso sia collegato al mare e ai fiumi: tempeste, naufragi, alluvioni.
Meditazione associata al Nome: Timore di Dio
La meditazione associata a Damabiah si chiama "timore di Dio" inteso come coscienza di quanto tutto sia connesso: maltrattare qualcuno è come infilare le dita in una presa elettrica, venendo colpiti da una scarica che altrimenti non ci avrebbe danneggiato. Non è dunque l'energia elettrica che va temuta, ma l'azione che ci può mettere in contatto pericoloso con essa; il "timore di Dio" è la coscienza delle conseguenze future delle nostre azioni.
Secondo la Kabbalah questo Nome fornisce il potere di valutare attentamente le cose nella loro realtà.
Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: nel mio cuore prendo coscienza della scintilla divina presente in ogni essere. Percepisco la conseguenza di ogni parola e di ogni azione, comprendo che condividere con gli altri fornisce anche a me precise conseguenze dirette.
Giorni e orari di Damabiah
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Damabiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 13 marzo, 26 maggio, 9 agosto, 21 ottobre, 1 gennaio; ed egli governa, ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 21.20 alle 21.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Damabiah è il 13° versetto del Salmo 89: Convertere, Domine, et usque quo? Et deprecabilis esto super servos tuos (Volgiti, Signore, fino a quando? Muoviti a pieta’ dei tuoi servi.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, dunque la radice (daleth-mem-beth) di questo Angelo (invertendo la posizione delle lettere della radice) risponde alla configurazione: "la Papessa - la Morte -l'Imperatore"
Da questo si può trarre la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede la Papessa (gestazione, accumulo): cosa nascondo? cosa sto accumulando? cposa c'è di intatto dentro di me? cosa devo studiare? in che rapporti sono con mia madre? chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual'è la mia ira? cosa deve morire in me? cosa devo lasciar andare? chiede l'Imperatore (stabilità e dominio sul mondo materiale): come va il mio lavoro? e ma lia vita materiale?cosa sto costruendo? in che rapporti sono con mio padre, e con l'idea di potere?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 10 e il 14 febbraio. L'angelo Damabiah appartiene al Coro degli Angeli Angeli guidato dall'Arcangelo Gabriele.
A questa decade in particolare (10-19 febbraio), sovrintende poi l'Arcangelo Michele, mentre al segno dell'Acquario sovrintende complessivamente l'Arcangelo Raziel. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Damabiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco; infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono: Lando Conti, vicesindaco, Vittorio Bachelet, giurista e politico Tullio De Micheli, imprenditore, Riccardo Palma, magistrato.