Pahaliah, o Pealiyah, è il ventesimo Soffio e il quarto raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni, nel quale amministra le energie di Marte. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 5° al 10° del Cancro ed è l'Angelo Custode dei nati dal 27 al 1° luglio. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Amore voluttuoso ma anche sorretto da senso della fedeltà; senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.
Il nome di Pahaliah significa “Dio redentore”
Il dono dispensato da Pahaliah è la REDENZIONE.
Dice Haziel che Pahaliah "restringe" le possibilità d'iniziativa dell'individuo, portando i suoi obiettivi a limiti precisi e di pronta realizzazione, con lo scopo di infondere estremo vigore ai suoi progetti, proprio restringendone l'orizzonte. La volontà della persona sarà così tenacemente concentrata e non conoscerà cedimenti. Questo angelo è preposto a ristabilire la Legge Cosmica dando il massimo aiuto agli individui nella lotta contro i nemici dell'Ordine Universale: anche nella lotta contro le loro stesse pulsioni. In qualunque circostanza e livello si trovi la persona, con l'aiuto di Pahaliah avrà successo, anche se non senza fatica: le Energie marziane infatti comportano sempre lavoro e sforzo. La prima lotta contro il disordine la persona dovrà farla dentro di sé e, se la vincerà, diverrà padrone delle proprie passioni ed esigente con se stesso.
Pahaliah secondo Sibaldi
Dice Sibaldi che la radice peh-he-lamed cela il concetto:
La mia bocca, ispirata, rivela grandi altezze. Peh in ebraico può indicare «la bocca», ma anche «il viso che si volge»; inoltre la lettera peh è anche il geroglifico della bellezza sensibile e, per estensione, della sensualità. Nell’esperienza personale dei Pehaliyah questi 4 concetti si concretizzano uno dopo l’altro (se va bene) nell’ordine inverso a questo, dando forma a un percorso evolutivo semplice da descrivere ma assai impegnativo, invece, da affrontare in tutte le sue fasi. La prima è appunto la sensualità: l’intensa, ansiosa energia erotica che i Pehaliyah avvertono precocemente in se stessi, assume ben presto proporzioni preoccupanti nella loro vita interiore. Li confonde, li intralcia; ha l’effetto di far apparire secondaria e forzata qualsiasi attività non direttamente collegata al sesso. Per quanto possano essere vigorosi, estroversi, bisognosi di affetto e conquistatori, è impossibile che i Pehaliyah non avvertano fin da giovanissimi il bisogno di reprimere tanta voracità, e che tale repressione non cominci ad addensare nel loro animo sensi di colpa e d’angoscia molto più acuti di quelli che provano i loro coetanei alle prese con le prime vampe del desiderio. Questo turbamento può perfino dar luogo a una vocazione alla castità, addirittura al sacerdozio, come per cercar riparo da tentazioni diaboliche. La seconda fase ha inizio quando i Pehaliyah si rendono conto che la castità è per loro difficilissima. Alcuni provano davvero a imporsela, per il gusto di lottare contro se stessi: ma se si dedicano alla mistica o a qualche sport faticoso l’unico risultato sarà diventare rapidamente nevrotici. Altri tentano di vivere una normale vita sessuale con un partner; altri eccedono: ma né l’una né l’altra cosa portano sollievo. Il sesso rimane per loro una fissazione – come in certi romanzi del Pehaliyah Alberto Bevilacqua, o come per il Pehaliyah Mike Tyson. Per apparire «normali» e riuscire a nascondere questo fatto (magari anche a se stessi), devono imporsi una perenne finzione, che assorbe molte risorse della loro intelligenza: e purtroppo la maggior parte dei Pehaliyah si fermano qui, imprigionati in un involucro di atteggiamenti forzati, di infiniti scrupoli e perfezionismo; diventano irritabili, avari, invidiosi, rancorosi, sempre tristi o sarcastici, e sempre sfuggenti, come se anche il semplice bisogno di confidenza fosse ai loro occhi qualcosa di pericoloso.
C’è invece chi prosegue: la successiva fase della loro crescita personale è, dicevamo, «il viso che si volge», come chi ascolti un’intuizione. Intuiscono infatti (tutt’a un tratto, talvolta) che l’impossibilità di soddisfare appieno la loro principale pulsione può essere non il problema, ma la soluzione: che forse il loro senso d’angoscia deriva dall’errore di credere che soltanto l’atto sessuale possa (e debba) esaurire tutta l’energia che avvertono dentro di sé. Quest’energia, indiscutibilmente radicata nella sessualità, può infatti esprimersi in molti altri modi. Può sublimarsi e trasformarsi, come l’energia cinetica dell’acqua si trasforma in energia rotativa dalla turbina di una centrale elettrica, senza che, nel passaggio, si perda nulla della sua potenza. Tale sublimazione e trasformazione è la fase della «bocca»: avviene cioè innanzitutto nel dire, nel comunicare, ed è qui infatti che i Pehaliyah più evoluti diventano grandi maestri. Occorre soltanto che qualche circostanza esterna li aiuti (la semplice intenzione non basta ad avviare il processo di sublimazione): che una qualsiasi circostanza si opponga, cioè, all’utilizzo esclusivamente sessuale del loro vigore. Può essere un amore infelice o difficile, o una professione che li costringa a viaggiare, o che richieda loro un periodo d’impegno totale… Lì la loro vita comincia a cambiare e a illuminarsi in modi nuovi, tanto più alti quanto maggiore è la quantità di energia sessuale che verrà frenata e incanalata verso un differente utilizzo. All’inizio di questo cambiamento essi acquistano notevole capacità di convincere chiunque abbia a che fare con loro: è come se il loro potere di seduzione, già grande prima, aumentasse quanto più si emancipa da uno scopo sessuale. allo stesso modo si sublima la loro capacità di penetrazione psicologica, che adesso diventa una saggezza, una sapienza talmente profonda da far loro cogliere perfettamente gli stati d’animo e i pensieri degli interlocutori. E i Pehaliyah che vanno ancora oltre, arrivano a sublimare anche il loro fascino naturale, che si trasforma in autentico carisma di leader, qualunque sia il loro campo d’azione. Gli esempi non mancano, da Pirandello a Oriana Fallaci, a Lady Diana: dotati tutti di forte passionalità e tutti –per una ragione o per l’altra – costretti dalle circostanze a limitarla e a sublimarla altrove, per diventare uno un gigante della drammaturgia (peh: la voce e il volto dei personaggi a teatro!), l’altra una delle più grandi intervistatrici del secolo scorso, l’altra ancora un idolo delle folle. C’è anche da chiedersi se il Pehaliyah Leopardi avrebbe mai scritto A Silvia e L’infinito se quella sublimazione non si fosse già avviata in lui; o se la burrascosa, frustrante vita coniugale del Pehaliyah Enrico VIII (cinque matrimoni infelici e una moglie fatta decapitare) abbia agito fino a fargli scindere l’Inghilterra dal cattolicesimo per fondare una Chiesa nuova. I Pehaliyah non ancora giunti alla terza fase potrebbero naturalmente dubitare che valga la pena di rinunciare ai propri sogni d’amore per inseguire il successo in altri campi. Ma quei sogni, ripeto, sono troppo vasti, e destinati perciò a rimanere, per loro, sempre un miraggio; e d’altra parte non si tratta affatto di negarsi il piacere, ma solamente di constatare la sproporzione tra il bisogno che se ne ha e quel che un qualsiasi partner può offrire. È un modo di far buon viso – un buon peh – a cattivo gioco, traendone vantaggi eccezionali ed evitando illusioni.
La mia bocca, ispirata, rivela grandi altezze. Peh in ebraico può indicare «la bocca», ma anche «il viso che si volge»; inoltre la lettera peh è anche il geroglifico della bellezza sensibile e, per estensione, della sensualità. Nell’esperienza personale dei Pehaliyah questi 4 concetti si concretizzano uno dopo l’altro (se va bene) nell’ordine inverso a questo, dando forma a un percorso evolutivo semplice da descrivere ma assai impegnativo, invece, da affrontare in tutte le sue fasi. La prima è appunto la sensualità: l’intensa, ansiosa energia erotica che i Pehaliyah avvertono precocemente in se stessi, assume ben presto proporzioni preoccupanti nella loro vita interiore. Li confonde, li intralcia; ha l’effetto di far apparire secondaria e forzata qualsiasi attività non direttamente collegata al sesso. Per quanto possano essere vigorosi, estroversi, bisognosi di affetto e conquistatori, è impossibile che i Pehaliyah non avvertano fin da giovanissimi il bisogno di reprimere tanta voracità, e che tale repressione non cominci ad addensare nel loro animo sensi di colpa e d’angoscia molto più acuti di quelli che provano i loro coetanei alle prese con le prime vampe del desiderio. Questo turbamento può perfino dar luogo a una vocazione alla castità, addirittura al sacerdozio, come per cercar riparo da tentazioni diaboliche. La seconda fase ha inizio quando i Pehaliyah si rendono conto che la castità è per loro difficilissima. Alcuni provano davvero a imporsela, per il gusto di lottare contro se stessi: ma se si dedicano alla mistica o a qualche sport faticoso l’unico risultato sarà diventare rapidamente nevrotici. Altri tentano di vivere una normale vita sessuale con un partner; altri eccedono: ma né l’una né l’altra cosa portano sollievo. Il sesso rimane per loro una fissazione – come in certi romanzi del Pehaliyah Alberto Bevilacqua, o come per il Pehaliyah Mike Tyson. Per apparire «normali» e riuscire a nascondere questo fatto (magari anche a se stessi), devono imporsi una perenne finzione, che assorbe molte risorse della loro intelligenza: e purtroppo la maggior parte dei Pehaliyah si fermano qui, imprigionati in un involucro di atteggiamenti forzati, di infiniti scrupoli e perfezionismo; diventano irritabili, avari, invidiosi, rancorosi, sempre tristi o sarcastici, e sempre sfuggenti, come se anche il semplice bisogno di confidenza fosse ai loro occhi qualcosa di pericoloso.
C’è invece chi prosegue: la successiva fase della loro crescita personale è, dicevamo, «il viso che si volge», come chi ascolti un’intuizione. Intuiscono infatti (tutt’a un tratto, talvolta) che l’impossibilità di soddisfare appieno la loro principale pulsione può essere non il problema, ma la soluzione: che forse il loro senso d’angoscia deriva dall’errore di credere che soltanto l’atto sessuale possa (e debba) esaurire tutta l’energia che avvertono dentro di sé. Quest’energia, indiscutibilmente radicata nella sessualità, può infatti esprimersi in molti altri modi. Può sublimarsi e trasformarsi, come l’energia cinetica dell’acqua si trasforma in energia rotativa dalla turbina di una centrale elettrica, senza che, nel passaggio, si perda nulla della sua potenza. Tale sublimazione e trasformazione è la fase della «bocca»: avviene cioè innanzitutto nel dire, nel comunicare, ed è qui infatti che i Pehaliyah più evoluti diventano grandi maestri. Occorre soltanto che qualche circostanza esterna li aiuti (la semplice intenzione non basta ad avviare il processo di sublimazione): che una qualsiasi circostanza si opponga, cioè, all’utilizzo esclusivamente sessuale del loro vigore. Può essere un amore infelice o difficile, o una professione che li costringa a viaggiare, o che richieda loro un periodo d’impegno totale… Lì la loro vita comincia a cambiare e a illuminarsi in modi nuovi, tanto più alti quanto maggiore è la quantità di energia sessuale che verrà frenata e incanalata verso un differente utilizzo. All’inizio di questo cambiamento essi acquistano notevole capacità di convincere chiunque abbia a che fare con loro: è come se il loro potere di seduzione, già grande prima, aumentasse quanto più si emancipa da uno scopo sessuale. allo stesso modo si sublima la loro capacità di penetrazione psicologica, che adesso diventa una saggezza, una sapienza talmente profonda da far loro cogliere perfettamente gli stati d’animo e i pensieri degli interlocutori. E i Pehaliyah che vanno ancora oltre, arrivano a sublimare anche il loro fascino naturale, che si trasforma in autentico carisma di leader, qualunque sia il loro campo d’azione. Gli esempi non mancano, da Pirandello a Oriana Fallaci, a Lady Diana: dotati tutti di forte passionalità e tutti –per una ragione o per l’altra – costretti dalle circostanze a limitarla e a sublimarla altrove, per diventare uno un gigante della drammaturgia (peh: la voce e il volto dei personaggi a teatro!), l’altra una delle più grandi intervistatrici del secolo scorso, l’altra ancora un idolo delle folle. C’è anche da chiedersi se il Pehaliyah Leopardi avrebbe mai scritto A Silvia e L’infinito se quella sublimazione non si fosse già avviata in lui; o se la burrascosa, frustrante vita coniugale del Pehaliyah Enrico VIII (cinque matrimoni infelici e una moglie fatta decapitare) abbia agito fino a fargli scindere l’Inghilterra dal cattolicesimo per fondare una Chiesa nuova. I Pehaliyah non ancora giunti alla terza fase potrebbero naturalmente dubitare che valga la pena di rinunciare ai propri sogni d’amore per inseguire il successo in altri campi. Ma quei sogni, ripeto, sono troppo vasti, e destinati perciò a rimanere, per loro, sempre un miraggio; e d’altra parte non si tratta affatto di negarsi il piacere, ma solamente di constatare la sproporzione tra il bisogno che se ne ha e quel che un qualsiasi partner può offrire. È un modo di far buon viso – un buon peh – a cattivo gioco, traendone vantaggi eccezionali ed evitando illusioni.
Qualità di Pahaliah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Pahaliah dona risveglio spirituale, condotta irreprensibile, grande forza morale, coraggio e resistenza. Favorisce le carriere religiose dando vittoria sull'ateismo e ottenendo conversioni, dona senso religioso e sensibilità per i principi di diritto naturale, facoltà di approfondimento dei problemi di ordine spirituale.
L'angelo dell'abisso a lui contrario si chiama Aséal e rappresenta la lussuria; causa libertinaggio, ribellione, empietà, mancanza di coraggio, debolezza morale.
Meditazione associata al Nome
La meditazione associata a Pahaliah si chiama "vincere le dipendenze". L'energia di questo Nome è infatti la forza che può far prevalere, nelle nostre pulsioni, i veri bisogni spirituali a svantaggio delle false necessità indotte da cattive abitudini. Quanto sentiamo il bisogno di riprendere il controllo sulla nostra vita, liberando forze represse dalla nostra anima, questo Nome fornisce la vibrazione di cui abbiamo bisogno.
Meditazione
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: il potere di questo Nome mi concede vittoria sulle forze dell'ego. Guardo con distacco alle mie cattive abitudini, ai lati del mio carattere che non posso amare; sento crescere dentro di me tutta la forza che mi può aiutare ad accogliere fluidamente una disciplina nuova: la capacità di ascoltare i reali bisogni della mia anima.
Esortazione angelica
Pahaliah esorta a comprendere, raccogliere e diffondere le energie divine per l'ordine cosmico, divenendo strumenti e argine contro il disordine.
Giorni e orari di Pahaliah
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Pahaliah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 28 gennaio, 9 aprile, 23 giugno, 6 settembre, 17 novembre; ed egli governa ogni giorno, come "angelo della missione", le energie dalle h. 6.20 alle 6.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l'orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Pahaliah è il 2° versetto del Salmo 119: Domine, libera animam meam a labiis mendacii et a lingua dolosa (Signore, libera la mia vita dalle labbra di menzogna, dalla lingua ingannatrice).
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell'introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice phé-he-lamed di questo Nome risponde alla configurazione: l'Appeso - il Papa - la Stella
da ciò discende la riflessione interiore suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede la Stella (l'azione, il posto di ciascuno nel mondo): qual è la mia speranza? qual è il mio posto? in quali attività impiego le mie energie? chiede l'Appeso (sosta, meditazione, dono di se stessi): cosa devo sacrificare? cosa devo dare di me stesso? cosa devo fermare? cosa devo ascoltare? verso quale punto devo dirigere la mia ricerca interiore? chiede il Papa (il mediatore, il ponte, l’ideale): cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 27 giugno e il 2 luglio. L'angelo Pahaliah appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall'Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro e la decade dal 22 giugno al 1° luglio cadono entrambi sotto l’insegna dell'Arcangelo Gabriele. Con questi link vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Pahaliah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall'Angelo che aveva reggenza nell'orario della nascita.
Cambiando argomento
Cambiando argomento, ma non troppo, i "santi laici" di questi giorni sono le vittime della strage di Ustica e Pino Camilleri, sindaco.
grandioso...
RispondiEliminaGrazie <3
RispondiEliminainteressante.
RispondiEliminacercasi altro pahaliah per potenti scopate...
RispondiEliminaAhahah
EliminaNoto un errore sulla reggenza: trattasi del 18 novembre anziché il 17 novembre.
RispondiEliminaIo lo ivoco sempre... So che mi è vicino... So anche quando non sto ricevendo nulla significa chi io sto sbagliando e il mio Pahaliah nel silenzio annuisce... GRAZIANO 1 LUGLIO.
RispondiEliminaIo lo invoco sempre... So che mi è vicino... So anche quando non sto ricevendo nulla : significa che io sto sbagliando ed il mio Pahaliah nel silenzio annuisce... GRAZIANO 1 LUGLIO.
RispondiEliminaSono rimasta senza parole.il mio compagno è stato sempre ossessionato dal sesso dice di essere cambiato già da tanto sarà vero?
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